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LIBRO DECIMO — 1821. | 297 |
trascorsero in ribellione; perciocchè fu rovesciato lo stemma regio ed alzate in quel loco le bandiere della setta, abbattute le statue del re, quelle di marmo rotte in pezzi e disperse, una di bronzo resistente allo sforzo di atterrarla, sfregiata, sporcata in viso, e imposto al capo, così che nascondesse la corona, vaso immondissimo. Il luogotenente del re, principe della Scaletta, minacciato e fuggitivo, i magistrati atterriti e nascosti, tutta la potestà in mano del Rossaroll.
Il quale rammentando per editto le parole del giuramento del re, che dicevano: «Se operassi contro il mio giuramento o contra qualunque articolo di esso, non dovrò essere obbedito, ed ogni operazione con cui vi contravvenissi sarà nulla e di nessun valore»; dichiarò legittime quelle mosse di popolo e di milizia, e palesando i disegni suoi e de’ settarii confidava che fossero secondati dalle genti dell’isola, benedetti da Dio, ammirati dal mondo. Diede comandi da generale a tutti i presidii della Sicilia per adunarsi a Messina, e nuncii suoi e della setta furono spediti alle città dell’isola e della vicina Calabria per levarsi in armi. Ma non facendo, per suo poco senno e per le disordinate voglie de’ seguaci, i provvedimenti necessarii alla guerra ed al governo delle moltitudini, era quel moto, a vederlo, vasto, confuso; allorchè, accresciuto dalla fama, fu riferito al re in Firenze, mentre consigliava di governo col suo ministro.
Ma nella Sicilia le città invitate a sollevarsi rifiutarono i domandati ajuti; de’ nunzii, altri scoperti, furono imprigionati, altri cauti o infedeli, disobbedirono; le milizie, o non avvertite del comando del Rossaroll, o per comando contrario dei proprii capi, non mossero. Allentava la foga: gran numero di cittadini nella stessa Messina si congregavano armati prima in difesa di sè stessi, poscia in sostegno della quiete pubblica, e poco appresso per frenare ed opprimere i ribelli. Così che questi si divisero, e pensando ciascuno a campar solo, chi fuggì, chi si nascose: il generale Rossaroll, dopo brieve disordinato impero, imbarcato da fuggitivo, andò in Ispagna; guerreggiò con infelice fortuna, ed alla caduta di quel governo costituzionale si riparò in Inghilterra, e di là in Grecia, non per asilo e riposo, ma per combattere a pro di libertà. Giunto ad Egina infermò e morì; lasciando fra le greche travagliate genti tre figliuoli poveri, e per tenera età non atti agli stipendii della milizia.
V. Il re, fermate le massime d’impero, cominciò a governare per ministri. Provvide alla sicurezza del regnare disarmando i cittadini, gastigando di morte i portatori di qualunque arme, sciogliendo le milizie civili, vietando le riunioni, per fino le più legittime e laudevoli, università, scuole, licei. Per nuova legge rivocò le leggi deil’odioso tempo costituzionale; ma più sollecita della suprema potestà era stata la timidezza dei soggetti, ai quali non bisognò il