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280 LIBRO NONO — 1821.

Aveva una legione a Rieti, altra in Terni e Spoleto, un battaglione ad Albano, uno a Frascati, un reggimento a Civita Castellana, altro a Roma, uno squadrone a vedetta sulla strada da Valmontone a Ferentino, pochi cavalieri tra Velletri e Cisterna. E però quelle ordinanze erano di battaglia contro gli Abruzzi, o a scaloni contro il Liri: i disegni del nemico rimanevano incerti. Il re di Napoli stava in Firenze, si attendeva a Foligno: coperto dalle armi tedesche si aggirava intorno al regno, sperando meno nella guerra che nei tumulti. E frattanto la inazione di quelle schiere agevolava la pace, e sol restava consultarne col parlamento, avvegnachè il reggente non ardiva esercitare in secreto il potere regio, temendo in quei miseri tempi il sospetto e lo sdegno del popolo; ma già prevalendo il voto del ministro della guerra, doversi ogni dì accrescere gli apparati di forza e i maneggi di pace, si disponevano i modi, le condizioni, gli ambasciatori.

XXXIII. Quando si lesse in una gazzetta napoletana che il general Pepe il dì 14 febbrajo aveva promesso al principe reggente che a’ 7 marzo in Rieti sconfiggerebbe i Tedeschi. Ed era per lo appunto quel giorno il 7 marzo, ed era vera la temeraria promessa, e quello articolo, scritto in Abruzzo, era stato mandato in Napoli dal generale per pubblicarsi. Difatti, o ch’egli ne avesse fitto in mente il pensiero, o che vi fosse spinto, come poi dichiarò, da lettere di alcuni più caldi settarii e deputati che dicevano in pericolo la libertà perchè s’inchinava alla pace, fermò l’animo ad assaltare i Tedeschi la mattina del 7; nè poteron distorre quello arrischiato proponimento i consigli e le preghiere di alcuni uffiziali a lui soggetti, e ‘l decreto del parlamento che vietava esser noi primi a combattere, e gli ordini conformi del reggente, e le condizioni del suo esercito, avvegnachè alcuni reggimenti di vecchia milizia e molti battaglioni delle civili stavano ancor lontani dalla frontiera, e ne’ suoi campi era cominciata e tuttodì cresceva la diserzione. La sua volontà fu inflessibile, non considerando quanto sia grave la primiera offesa, e che spesso, andando a vuoto, di mille morti e di mutati imperi è cagione. Nello annottare del giorno 6 inviò al ministro della guerra un editto del re dato da Laybach diretto a’ sudditi, minaccevole, insidioso, che intimava lo scioglimento degli eserciti, la obbedienza de’ popoli; un altro foglio, ordine del giorno, del generale Frimont che rammentava a’ suoi soldati, nella vicina guerra, le leggi della disciplina, il dovere, l’onore, le pene, i premii. Il general Pepe diceva quei due fogli penetrati nei suoi campi, e concludeva voler dar nel dimani degna risposta combattendo. Non palesava il come, con quali schiere, con quanta speranza; non cercava gli ajuti del primo esercito, non avvisava il capo, non prevedeva infortunio, sì che non preparava i ricoveri,