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LIBRO NONO — 1821. 279


XXXII. Frattanto marciavano alla frontiera due eserciti con poderose artiglierie. Ogni schiera lietamente partiva, ma più si ammirava la guardia reale per bello aspetto, ricco vestimento e grida di libertà e di fede. Al partire di ogni drappello, il reggente, nella rassegna, confortando, comandando, incitava i soldati, minacciava, prometteva; la sposa di lui annodava all’antica bandiera la lista de’ tre colori, ed accertava che quei ricami erano lavoro delle sue mani e delle principesse sue figlie. Al tempo stesso alcuni battaglioni delle milizie civili si erano mossi dalle province, e pareva che abbisognasse freno non stimolo alle volontà, e che i militi soperchiassero il richiesto numero; alcuni giovanetti a’ quali erano gravi le armi ordinarie, ne presero di più atte alla debole età e lieti marciarono; alcune donne sorelle o madri, alcuni padri o zii, non abili per vecchiezza o per sesso a trattar le armi, indossando i fardelli scemavano ai militi la fatica. Ma questo che pareva zelo di patria era in gran parte timore dei carbonari, i quali in ogni comunità per salvar sè stessi dai travagli della guerra, minacciando e forzando i più placidi cittadini, gli spingevano alla frontiera. Qualunque fossero le cagioni, quel movimento guerriero era grande, superbo, ammirato per fin da’ contrari, spaventoso al nemico. Intanto con mirabile celerità fu provveduto agli arnesi di guerra, armi, viveri, vestimenti; le opere della frontiera munite in un dì, le forze di mare messe in corso.

Si afforzavano le speranze, sol che non mancassero pochi altri mesi alle discipline dell’esercito ed ai maneggi di pace; e pareva che il nemico, sia che dubbioso, sia che lento per comporre insidie, concederebbe il bramato tempo, quando due casi fecero il suo pensiero più manifesto. Un drappello tedesco si portava da Norcia ad Arquata, paesi romani più vicini al regno, tra mezzo ai quali la frontiera non ha segni certi per fiumi o per cunei di monti, ma si rivolge in tanti giri che or s’incontrano or si lasciano le terre di Napoli e di Roma. E però quei soldati, venuti a caso nel territorio napoletano, avutone avviso dalla guida, celeremente ritraendosi, presero altra via, lunga, montuosa, disagevole, ma romana. E dopo altri giorni alcuni soldati di Napoli, legnando, s’introdussero nello stato di Roma, presso a Rieti, ed abbattendosi nelle guardie nemiche, il capo di queste lor disse: «Tornate salvi ai vostri campi; ma se noi rispettiamo il confine napoletano, e dei paesi, benchè romani, da voi guardati, voi rispettate le terre occupate da noi.» Quei due fatti si divolgarono per i campi e per il regno.

L’esercito tedesco, quarantatremila combattenti, radunato incontro agli Abruzzi, guardava in prima linea, come a scoperta, Montalto e Norcia; in seconda Fermo, Camerino, Tolentino, Macerata; in terza linea o riserva tutto il paese da Foligno ad Ancona.