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LIBRO NONO — 1821. 275

nazionale. Fu deciso che tornassero da Sicilia quattromila uomini, movessero dalle province settanta battaglioni di milizia civile, e così accampassero intorno alla frontiera trentaduemila vecchi soldati, quarantaduemila di nuova leva, mentre che altre milizie si ordinassero per riserva. La scarsezza degli arnesi di guerra sgomentava, avvegnachè fra le passate speranze di pace, trascurate le provvidenze, tanto i bisogni soperchiavano la ordinaria misura dei rimedii, che pareva non bastasse l’umano ingegno. Si estimò non reggere a tanta mole la età grave del generale Parisi, e gli fu surrogato nel ministero di guerra il general Colletta, già richiamato dalla Sicilia; ma invero il Parisi non avea della vecchiezza fuorchè gli anni ed il senno, essendo giovane la mente, ed affaticandosi al servizio pubblico come ambizione il pungesse, non qual uomo che già tutte avea gustato e schifate le vacue delizie della grandezza. Nel tempo stesso fu nominato ministro dell’interno il cavaliere de Thomasis già ministro di marina, in luogo del marchese Auletta, chiedente per vecchissima età di riposare.

Ciò fatto, si trattò del sistema di guerra (col nome d’oggi piano della campagna) ragionando due gravi quistioni. Combatteremo il nemico alla frontiera, o porteremo fuori la guerra? Qual sarà nel regno il punto obbiettivo del nemico? Io, trasandando le particolari opinioni che in poco discordavano, dirò, quanto saprò brevemente, le decisioni del consiglio e i motivi. Rammentati gli avvantaggi del guerreggiare in terra straniera, prevalse che a milizie nuove, la più parte civili, aventi disciplina non salda e poc’arte di guerra, giovasse combattere a piccoli stuoli, nel proprio paese, ajutati dal loco, guerreggiando e agguerrendosi. Ed oltracciò per la natura della napoletana rivoluzione dovendosi evitare per fin la immagine dell’assalire, conveniva la pazienza di aspettare le offese, ed uscire a guerra non per conquista o ambizione, nemmeno per impeto di giusto sdegno, ma solamente per difendere diritti, patria, casa e vita. Fu quindi stabilito che il genere di guerra sarebbe per noi difensivo; e di ciò informato il parlamento, con decreto subitamente assentito dal reggente, dichiarò non riguardarsi nemico l’esercito austriaco, se non quando nemichevolmente assaltasse, frontiera del regno.

La seconda quistione fu più dibattuta, più incerta. Il tratto debole del confine è il terreno fra Ceperano e Sora, lungo il Liri; ma lo proteggon gli Abruzzi, tre province nei gioghi degli Appennini, tra i fiumi Tronto e Sangro. Quei monti avanzano, a canto le terre del papa, di cento miglia la frontiera del Liri, sì che dalle loro pendici si scende nelle valli del Tevere e Teverone, si minaccia Roma. E però un esercito che marciasse contra il Liri per la strada di Valmontone e Ceperano esporrebbe il fianco al nemico a facilmente reste-