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274 LIBRO NONO — 1821.

prestiti esterni mancati, gli interni lenti, difficili; grande il terrore delle armi nemiche, grandissimo delle vendette del re; sospetti scambievoli nell’esercito e nella nazione. E fra tanti pericoli la rivoluzione irrevocabile. La decisione del parlamento per la guerra. e la gioja pubblica erano stati effetti non del senno, non del valore, non delle speranze, non per fino della disperazione, bensì di quella vaghezza di somma lode che più alletta i caldi popoli delle Sicilie. Ma serenate le menti, i timorosi disperavano di salvezza, i pigri correvano colla fortuna, i contumaci gridavano indiscrete voci di libertà, e gli astuti secondarono il reggente per averlo capo nelle venture, o riparo nei precipizii. In tanta varietà di privati disegni, l’interesse pubblico si trasandava: erano le azioni quanti gli uomini; il ministero, il parlamento, l’esercito, la carboneria, i sostegni di quello stato, dispersi e deboli. Pure alcuni, o sapienti o esperti, ancora speravano nel tempo, negli apparati di resistenza, e nelle negoziazioni col nemico e col re. L’animo dei re contrarii era palese: odiavano meno gli effetti della rivoluzione di Napoli che le sue cause apparenti, la potenza di una setta, la ribellione dell’esercito, l’esempio della Spagna. Mutare i nomi, stringere le licenze, rinvigorire la monarchia, concordare per concessioni alcuna delle libertà strappate colla forza, parevano condizioni possibili di pace.

XXXI. O per veramente resistere, o per porre in mostra mezzi grandissimi di resistenza, bisognava fermare i disegni di quella guerra: perciò il reggente, convocati a consiglio i generali più chiari dell’esercito, disse loro: «La guerra che all’ultima nostra adunanza era dubbia, oggi è certa. Allora la varietà delle opinioni dava motivo e stimolo a rintracciare il vero; ma oggidì saria rovina, imperocchè per solo accordo di volontà e di opere è lecito a poco esercito ed a piccola nazione sperar di resistere ad eserciti dieci volte maggiori, e a nazioni sterminate. Ciò che nel nostro caso la patria esige da noi, voi lo sapete; e ciò che esige l’onore, io nol dirò ad uomini onoratissimi. Per ln mia parte dichiaro a voi che insieme a mio fratello principe di Salerno vi saremo compagni ne’ cimenti della guerra, e consorti ne’ destini dell’avvenire.» Si tacque, applaudirono gli astanti; e tanto più che le antiche discordie fra’ generali erano chetate o celavansi. Sapevasi per lettere autorevoli la forza degli eserciti nemici essere in Italia di settantamila Austriaci, dei quali cinquantamila pronti a marciare sulla frontiera di Napoli: altri rinforzi preparar l’Austria, muovere lentamente l’esercito russo, starsi il prussiano, cui la guerra d’italia per fatto di libertà sarebbe pericoloso esperimento.

Essendo il nostro esercito di quarantamila soldati, dei quali dodicimila presidio della Sicilia, assoldare le milizie civili era bisogno per accrescere i combattenti, e prudenza per dare alla guerra indole