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LIBRO SESTO — 1806. 23

raccolsero nei campi. Il generale poi che vide non bastar le sorprese, non gl inganni, non le forze, levato l’assedio, ritornò doglioso ed assetato di vendetta in Cosenza.

Ma finito il dicembre, egli più forte, meglio provvisto di macchine ritornò agli assalti, conducendo dalle sue parti il colonnello Amato, pur cittadino di Amantea, congiunto e da fanciullezza compagno ed amico al Mirabelli; al quale giungendo al campo amorevolmente scrisse, e questi amorevolmente rispose, l’un l’altro tentandosi, l’Amato con esaltare l’amor di patria, il Mirabelli la virtù della fede, ed in entrambi prevalendo l’onore durarono nemici no, ma contrarii. Si alzarono intanto parecchie batterie contro il castello, e dopo alcuni giorni di fuoco, aperta la breccia, fu ben quattro volte assaltata e difesa. Cangiò modo all’assedio: avanzando sotterra fu minato un bastione che allo scoppio rovinò; e quando pareva certa la vittoria perchè inevitabile la entrata, fu visto che altre fortificazioni novellamente costrutte impedivano il passaggio. Più vicina la guerra, fu più mortale; ora l’arte degli assediatori prevaleva al valor disperato degli assediati, e or questo a quella. Ma soprastava la fame a Calabresi, e sol per essa il piccolo castello di Amantea, munito di tre rosi cannoni, difeso da inesperti partigiani, assalito da fortissime schiere con le migliori arti di guerra, dopo quaranta giorni di assedio (senza tener conto del primo assalto) a patti onorevoli si arrese. I presidii tornarono in Sicilia come prigioni per un anno ed un giorno.

Ma i difensori di Cotrone andarono liberi. Erano partigiani, per le colpe antiche malvagi, per le presenti tristissimi. Consumate affatto le vettovaglie, non volendo arrendersi perchè ricordavano le mancate fedi de’ Francesi a’ briganti, non sapendo per segni dimandar soccorso ad una fregata inglese che a vista della cittadella bordeggiava; tre più arditi, prima che il giorno spuntasse, nudi e taciti uscirono dalle mura, ed arrivati al fiume che lambisce una fronte della città, povero d’acque, ma in quella notte per piogge copioso, s’immersero nell’onde, incurvaronsi, e benchè le ascolte francesi guernissero le rive, giunsero inavvertiti alla foce. Distesi a nuoto nel mare e scoperti da soldati nemici, uno di archibugiata fu morto, il secondo ferito, il terzo giugne, narra al capitano del legno lo stato misero degli assediati e il disegno di fuga. Rendono al castello i convenuti segnali; e nella succedente notte, su la fregata avvicinatasi al lido, la guernigione uscendo dalla porta meno guernita, sorprendendo gli assediatori e combattendo, perviene ad imbarcarsi. I Francesi nel seguente giorno occuparono il castello vuoto di guardie. Ne’ casi del brigantaggio. narrati dalla fama più che dalle istorie, ho trovato registrato il fatto non il nome dell’intrepido nuotatore.