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262 LIBRO NONO — 1820.

popolo mediatore di pace; invocar l’assenso di quei monarchi alle nostre libertà; ottenere, qualunque fosse il fato della presente costituzione, altro statuto che assicurasse la nazionale rappresentanza, la libertà individuale, la libertà della stampa, la indipendenza del poter giudiziario, la responsabilità dei ministri. Soggiungeva che in ogni caso i fatti della rivoluzione di luglio sarebbero tenuti innocenti; e chiudeva il foglio col dimandare che lo accompagnassero al congresso quattro deputati del parlamento, consiglieri e testimonii.

Nel mattino del 6 dicembre, il vicario lesse ai suoi ministri le lettere di Troppau ed il messaggio del re per consultare i modi da notificare quegli atti al parlamento e pubblicarli nel popolo. Un de’ ministri propose leggiero mutamento al messaggio; e ’l principe replicò non potersi variare lo scritto, perchè opera non propria nè del re, ma degli ambasciatori stranieri. Fu risoluto di persuadere o allettare il maggior numero dei deputati, e col mezzo de’ proprii carbonari ammansire la carboneria. Quindi due ministri, Ricciardi e de Thomasis, meno increscevoli al parlamento, vi andarono in privato, manifestarono quei fogli a diciotto deputati, quanti per ventura ne adunarono, e scoprendoli non avversi, li pregarono che al dimani confermassero pubblicamente quel voto. Spesero il resto del giorno, ciascun dei ministri, a vincere la opinione di altri deputati; e nella sera computavano quaranta voti affermativi, il resto incerto. Al tempo medesimo provvidero alla difesa della reggia, alla quiete della città, e credendo certa la riuscita, fermarono di ottenerla per arti o per forza. Dei ministri altri usato ai liberi comandi, altri scontento delle licenze di troppa e nuova libertà, altri adontato dal trovarsi nelle parlamentarie discussioni disuguale all’eloquenza di esercitati oratori, tutti bramavano mutar lo statuto sì che piegasse alla monarchia più che al popolo. Ma per la opposta parte, divolgato il messaggio, e scrutinato nelle nottarne adunanze de’ sellarii, vista in pericolo la costituzione spagnuola, opera loro e sostegno, giurarono di prorompere nei più rischiosi sconvolgimenti prima di tollerare che nulla si mutasse a quella legge. Nella stessa notte spedirono alle province messi, fogli, ordinanze; prolungarono le sedute; l’assemblea generale decretò di non separarsi sino a che durava il pericolo; tutte le altre vendite imitarono l’esempio. E i carbonari segreti agenti di polizia, non bastando a moderare la foga universale, amplificavano l’avversione del re al reggimento costituzionale, il genio liberale del vicario, la sua fede, la bontà, l’amicizia per la setta così che il diresti settario, e persuadevano che giovasse la partenza del re, e la pienezza dell’impero nel figlio. Fu questo il primo servigio di quei falsi settarii al monarca assoluto; perciocchè sino allora eransi affaticati per il monarca costituzionale,