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LIBRO NONO — 1820. 259

cia, dove fu aggradito come privato, non ricevuto come ministro; il principe Cimitile, spedito in Russia per ambasciata straordinaria, impedito a Vienna, volse verso Inghilterra dove andava ministro. E tutti e tre prima del partire avendo preso comiato dal re, ne avevano avute lodi, ordini, consigli. Il duca di Canzano, già maturo di età, stanco e schivo di vicende, padre di molta famiglia, non ambizioso, non ricco, aveva chiesto al re che altri andasse in sua vece, ma dopo lungo pregare quei rispose: «Canzano, sono tali le cose che o voi o un carbonaro. Non mi obbligate ad ingrate scelte, accettate; io vi darò lettere di mio pugno per la corte di Spagna, ed imbasciata che dimostra quanta fiducia pongo in voi. Dite al re mio nipote che io sto bene, e che la divolgata infermità è ritrovata per allontanarmi dalle presenti cure del regno.» L’ambasciatore si arrese, e contento e grato con numerosa famiglia partì. Cimitile, ritroso anch’esso, non mai ravviluppato nei tanti e tanti sconvolgimenti del regno, amante di riposato vivere, disse al re schiettamente che suddito fedele obbedirebbe al suo signore; ma che di anni pieno non si esporrebbe voglioso alle dubbietà di contrastata politica, e padre e sostegno di non poca famiglia, non vorrebbe esser cagione di domestico pianto, e sentir da’ figli ricordata la intempestiva ambizione. Ma il re interrompendo il discorso, aveva incorato il ministro con detti onesti, e con ingenue, a sentirle, protestazioni di fede, tal che Cimitile rassicurato e pago tornò dalla reggia.

XXIII. L’avversione dei potentati stranieri allo stato di Napoli era in segreto moderata loro istessa politica, giacchè fra tante fantasie dei popoli faceva pericolo la prima guerra. La casa che aveva motivo più forte ed esercito più pronto a combattere era l’Austriaca, il cui dominio, già grande in Italia, non piaceva agli altri re che si allargasse. Il Russo per ciò, e per dare qualche sfogo alle bollenti voglie dell’esercito, avviava numerose schiere, con sospetto di tutta Alemagna, dovendo passare per le sue terre. La Prussia, benchè terza, preparava un esercito. Armamenti così, poderosi ingelosivano la Francia e la Inghilterra. D’altra parte i liberali del mondo, facendo plauso alla rivoluzione di Napoli, e giustificandone le massime, minacciavano la sicurezza dei troni; molti d’Italia, parecchi Francesi, alcuni Prussiani, un Russo si offrivano campioni della napoletana libertà; due Inglesi di fama offrivano con sè stessi quattro reggimenti volontarii; case ricche di Londra e Parigi non dubitavano di fare imprestiti alla nostra finanza; generali stranieri, vietati di combattere per noi, consigliavano sulla difesa della frontiera, o per teorica trattavano della resistenza dei popoli agli eserciti ordinati; si affaticavano gl’ingegni di ogni parte a scoprire e comunicare secretamente a noi macchine o arti-