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258 LIBRO NONO — 1820.

comune. Il Colletta preceduto da meritata fama di severità, l’accrebbe in Sicilia; raffrenò l’esercito e la plebe; amante a modo vero e possibile di libero reggimento, scacciava le false libertà, diceva essere gl’impotenti del suo tempo peggiori dei molto operanti e distruttori della repubblica francese; però che quelli, animosi e primi, meritarono col morire, si scusavano dalla inesperienza; mentre questi, sordi alla ragione se felici, timidi e pieghevoli ad ogni fortuna, non hanno della libertà che i vizii soli, la irrequietezza, la indisciplina, il sospetto. Egli fu amato da pochi Siciliani, obbedito da tutti, che bastava per la condizione dei tempi allo interesse dei due regni. Così quietata l’isola, cadde lo sdegno dei Napoletani; Naselli e Chureh furono liberi, l’autore dell abborrita convenzione non ricercato: incostanza e debolezze dei popolari governi. Gli eletti deputati de’ due valli, sapendo l’esercito austriaco sul punto di muovere contro Napoli, e le sorti costituzionali dechinanti, ricusarono per varii pretesti l’onorevole officio, e però l’opposizione allo stato di Napoli, detta in prima della intera Sicilia, poi di due province, quindi di una città, si ridusse a nove persone per proprio vanto pertinaci e superbi, nel fatto paurose o scaltre.

XXII. Le cose esterne. peggioravano, avvegnachè le principali corti, la Russia, l’Austria, la Prussia, riprovavano il nuovo stato di Napoli; la Francia nol riconosceva; taceva la Inghilterra: e benchè la Spagna, la Svizzera, i Paesi-Bassi, la Svezia facessero formale riconoscimento, era poca la sicurtà in confronto del pericolo. Sapevasi che i re contrarii si adunavano a congresso in Troppau per consultare delle cose di Napoli; dicevasi nuovo esercito tedesco sceso dall’Alpi; si vedevano nel nostro golfo giungere, trattenersi, crescere tuttodì navi da guerra francesi e inglesi. Il principe Ruffo e ’l principe Castelcicala, ambasciatori, quegli a Vienna, questi a Parigi, ricusarono di giurare per la monarchia costituzionale. Il principe Serracapriola, ministro in Russia, scrisse al re in lettera privata: «V. M. comanda che io giuri per il nuovo stato di Napoli, e qua corre fama che forza di ribellione, non libera volontà, le abbia imposto quel mutamento. Che farò io così avverso a disobbedire ai suoi comandi come a nuocere a’ suoi interessi? Rimetterò a V. M. in questo foglio secreto il mio giuramento, a fin che lo mostri o lo distrugga secondo a lei giova e piace.» E ’l re con messaggio palesò al parlamento il procedere dei tre ministri, lodò Serracapriola, tolse agli altri carica, onori e stipendi.

Non andò a Vienna nuovo ambasciatore perchè quella corte avea manifestato di non accettarne; il duca di Canzano succedette al principe Scilla in Ispagna, il principe Cariati a Castelcicala in Fran-