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252 LIBRO NONO — 1820.

stanno in mezzo dagli uni e gli altri son maledetti. Ed oltracciò in quella libertà nuova mancando l’abito del dir franco, spesso scorreva in licenzioso; e mancando la pazienza delle scoperte confutazioni, ne indispettivano i grandi e i superbi. Ed è pur vero che i deputati, tirando esempio dal costume inglese, confondendo due costituzioni di genio diverso, una invecchiata, l’altra nascente, credevano domma di libertà l’opposizione ai ministri, e li trattavano nemichevolmente. Il pubblico, nuovo anch’esso alle scorrevoli dicerie di tribuna, spesso credeva sentenza del parlamento il voto audace o scorretto di un deputato. Queste erano le condizioni vere o apparenti dell’adunanza.

Sua prima cura fu il mutar nome alle province, in Irpini, Marsi, Sanniti, ed altri dell’antichità; essendo natura di popoli scarsi del presente ricordar le glorie del passato, e con vergognoso vanto mostrare le miserie della decadenza. Altre cose nuove ogni dì si proponevano, sempre grate alla moltitudine, perchè il nuovo piace a’ nuovi; onde il far poco nelle rivoluzioni è l’opra più difficile e più sapiente. La intera macchina sociale volea mutarsi per l’argomento che a popolo libero sconvengono le instituzioni della servitù; e così caddero l’amministrazione comunale, la provinciale, quella di acque e boschi; erano cadenti le amministrazioni del demanio, delle dogane, de’ ponti e strade: altri sistemi si meditavano, giudiziario e finanziero. Opere di molti lustri e di pesato consiglio innovator momento distruggeva.

È più crebbe il desiderio di novità quando le discussioni del parlamento si temperarono alle opinioni momentanee degli ascoltatori, e dirò come. Nelle prime adunanze, dalle tribune del popolo si applaudirono alcune orazioni o sentenze, la quale mercede popolare fu grata agli oratori, gratissima al presidente perchè più spesso gli era diretta; ma di uso fatta diritto, si estese così, che sovente uscivano voci contrarie di plauso e dissentimento da quelle istesse tribune che si chiamavano giudizio pubblico, come che fossero popolate da pochi, guasti e insipienti. Animata da quest’aura, una scintilla divenne incendio. Trattavasi del modo di proporre al re le riforme della costituzione, allorchè ad un deputato, che pure abbondava di senno, sfuggì dal labbro la dimanda: Questa assemblea è costituita o costituente? nè altro disse. Gli scaltri fra’ deputati e le popolari tribune accolsero la voce, la ripeterono, non più si parlò di riforme, ma il costituita o costituente era il subietto tumultuoso delle parlamentarie discussioni. E poichè, divise le sentenze, senza nulla decidere passavano i giorni: il re, la casa, i ministri, gli onesti, sentirono spavento, ricordando la costituente di Francia, la convenzione, l’atroce giudizio e i primi fatti della cruenta rivoluzione francese.