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230 LIBRO NONO — 1820.

che diceva non bastare otto giorni per una costituzione che si ordisse dai suoi principii, ovvero esser troppi per alecn’altra che si prendesse fra le usate in Europa; e perciò quella offerta esser arte per assonnarli, sciogliere il campo di Monteforte, opprimerli alla spicciolata; desse il re, e bastava un momento ed un motto, la costituzione delle Cortes riconosciuta in Europa e giurata da lui stesso quale Infante di Spagna. Soggiungeva essere stato eletto ministero nuovo e migliore per presente necessità, non per mutato ingegno; citando in pruova i ricchi stipendii mal prodigati agli antichi ministri. Il vicariato del duca di Calabria, ricordando col nome gl’inganni usati in Sicilia, rinforzava il sospetto che il re covasse intenzioni maligne. Perciò i moti crebbero nel giorno 6; e tanto più che ne divenne capo il general Pepe, in mano al quale aveva de Concili deposto il comando supremo, così di grado come in mano a lui lo depose Morelli. Le quali spontanee sommissioni erano tenute modestie di civil popolo ed ammirate dal mondo, benchè fossero necessarie condizioni di troppo facile mutamento, che non costando nè fatiche, nè rischi, nè tempo; non avendo vittime, non eroi, era costretto di rispettare l’autorità dell’antico.

Col cadere del giorno aumentarono le grida nella città, gii spaventi nella reggia, tanto che il vicario adunò a consesso (così prestamente che la chiamata diceva, nello istante comunque vestito) pochi generali, alcuni antichi consiglieri di stato, i ministri nuovi; e lor disse: «Il re e noi, tutti della stessa patria, salviamo se bastano le forze umane, la madre comune dal presente pericolo. Sino a che la costituzione chiedevasi da pochi arditi mossi a tumulto, apparendo pensiere o pretesto di setta, il re dubitava di concederla. Egli poteva colle armi espugnar Monteforte, vincere e punire i costituzionali (così per la prima volta si dinotavano quei medesimi, che insino allora nei consessi regii furono chiamati ribelli); ma nol volle perchè abborriva il sangue civile, e voleva dare alle opinioni tempo e libertà di manifestarsi, onde conoscere le vere brame, il vero bisogno politico del suo popolo. E però il ritardo, che si credeva ripugnanza, era studio di re saggio e benigno.

E difatti, conoscendo appena il voto di tutti, ha promesso di soddisfarlo; ha levato i campi e inviato i soldati ai quartieri come nei tempi di pace; il cammino da Monteforte alla reggia è aperto; la casa intera e quindi la dinastia dei Borboni è in mano a’ popoli sommossi, e non fugge, e non teme. Ma se il desiderio trasmoda, e niega tempo alla difficile compilazione di uno statuto, o turba il consiglio a voi, destinati dal re a quell’opera, farete così imperfetta e sconvenevole; apparirà indi a poco il bisogno di riformarla, e poichè le riforme nei governi costituzionali portan seco