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226 LIBRO NONO — 1820.

ingannò, spaventò, sedusse, secondo i casi, le autorità della provincia; adunò milizie assoldate, milizie civili, e sotto specie di guardia le accampò incontro a Morelli; ebbe con esso secreto abboccamento nella notte, e fermarono entrare in città nel mattino seguente, colla pompa delle allettatrici parole, e dei colori della setta.

Così, allo spuntar del giorno 3 luglio, Morelli lietamente marciava da Mercogliano ad Avellino; e Carascosa in Napoli, aspettando le promesse istruzioni, agitava per l’animo pensieri varii: volea servire il governo per giuramento ed interesse; voleva non combattere i liberali, cittadini della stessa patria, de’ quali cresceva la possanza ed il nome, e tardi o presto era certo il trionfo; voleva non tradire la monarchia, non mostrarsi schivo di libertà: stava irresoluto ed afflitto. Ed il governo più sospettava della sua fede; temeva che la concedutagli autorità divenisse stimolo e mezzo d’irreparabile tradimento, indugiava e finalmente, all’uso degl’infingardi, prese partito mezzano, diede mandato libero al generale, ma non soldati. Quegli perciò dovette arrestarsi a Marigliano, indi a Nola, trovando impedita la strada di Avellino, perchè le schiere messe a campo, tutto il presidio della città, altre milizie civili, altri settarii, altri liberali erano corsi d’ogni parte per unirsi al Morelli, il quale, poderosamente afforzato, aveva accampato le sue genti sulle vette di Monteforte incontro Napoli, mentre slargava nelle opposte province la impresa. I magistrati di Avellino, l’intendente, il vescovo festosamente lo accolsero, e nella chiesa giurarono Dio, Re, Costituzione. Nella cerimonia del giuramento il Morelli dichiarò non essere sediziose le sue mosse, rimanere integri lo stato, la famiglia regnante, le leggi, gli ordini; ed avanzatosi verso l’intendente gli esibì foglio del sindaco di Mercogliano che certificava la schiera del sottotenente Morelli avere in quella terra serbato strettissima disciplina, e pagato le vettovaglie; era l’attestato prescritto dalle ordinanze nel cammino delle milizie per lo interno del regno. E dipoi voltossi a de Concili, gli porse altro foglio {il ruolo delle sue genti), e disse: io sotto-tenente obbedirò voi tenente- colonnello dello stesso esercito di S. M. Ferdinando I re costituzionale. E ciò detto, prese l’aspetto di subordinato, non più diè comandi, non alzò voce, sottomesso al de Concili, che assunse il grado supremo.

IV. Nello stesso giorno 3 la Capitanata, la Basilicata, gran parte del Principato Citeriore si alzarono a tumulto, perciocchè un foglio di de Concili, o un messaggiero, un segno, bastava a concitare numerosi popoli. Ma fra i moti e le armi erano sacre le leggi, mantenuti gli ordini, salve le vite, rispettate le proprietà, gli odii repressi, la rivoluzione convertita in festa pubblica; indizio d’irre-