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LIBRO NONO — 1820. 225

loro servigi, aveva in sospetto ed in odio le persone. Così del Pepe, così d’altri generali; Nugent non godeva egli stesso la piena fidanza del governo, e sì che ignorava i sospetti e gli argomenti contro il Pepe, e frattanto comandava in supremo l’esercito e dirigeva il ministero di guerra. E quel general Pepe tenuto nemico e traditore, al grado più alto della milizia, reggeva con poteri straordinarii due province, era spesso laudato, riceveva in premio di servigi la gran croce di San Giorgio, gli era affidata la composizione delle milizie civili. Altre mille mostruosità di governo potrei discorrere, se or ora non mi occorresse di rappresentarle tutte in un fatto.

Nugent dice a Pepe di non partire, e cuopre con varii non creduti pretesti il mutato comando: quegli sospetta il vero, teme di peggio, s’infinge e tace. Nel consiglio del re prevalsero le arti antiche neghittose: governare il presente, e il meglio sperare dalla fortuna o dalla stanchezza delle opinioni, usar ripieghi, e dove giovasse, mancamenti ed inganni. Non poteva inviare contro i sommossi lo stesso Nugent, mal tollerato dall’esercito perchè istromento di finanziera avarizia, e peggio visto dal popolo che rammentava le ingiurie venute per opera di stranieri dominatori; non poteva inviare alcuno de’ generali di Sicilia, privi di fama tra noi, spiacenti alle milizie, di cui erano maggior nerbo i murattisti; nè intanto si affidava a costoro, sospettandone, come ho già detto, la fedeltà. Misera e dispregevole condizione di governo, cui non bastarono lungo dominio, abbondanti ricchezze, cariche, onori, secolo avaro e corrotto per trarre a sè parte de’ sudditi, tanto soprastavano gli antichi errori e la presente incapacità. Ma quel consiglio, costretto ad ingrata scelta, elesse il general Carascosa, murattiano, chiaro nell’esercito, atto alle difficili pruove, sperimentato istromento di monarchia, ma non discaro al popolo per giovanili fatti di libertà, per manifestato amore di più libero reggimento, e perchè repubblica, napoleonismo e liberalità sembravano alla moltitudine opinioni compagne, vedendole dagli stessi uomini seguite, e dalla istessa borbonica famiglia combattute. Per fare ossequio al duca di Calabria, essendo circolo nella reggia, vedevasi confusa l’adulazione dei cortigiani tra la gioja di quello arrivo, la tristezza di quel giorno, i pericoli, le speranze, i timori. Ma il re si mostrò sereno, e quelli per seguirne l’esempio, che nella servitù delle corti è comando, simularono serenità.

III. Le ore, che in Napoli scorrevano fra dubbiezze e scioperaggini, procedevano per Morelli utilmente, imperciccehè la sommossa col grido e la impunità si spandeva. Nel giorno istesso invase il Principato Ulteriore cui è capo Avellino, invase parte del Citeriore, toccò ia Capitanata; tanti spazii corse quarti la fama. Ed allora de Concili, visto il suo meglio nella rivoluzione, quella elesse:

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