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224 LIBRO NONO — 1820.

sopra ricca nave incontro al figlio duca di Calabria, che allora allora venendo di Sicilia entrava nel golfo. Erano ministri del re il cavalier Medici, il marchese Tommasi, il marchese Circello, il general Nugent, dei quali nelle opinioni del mondo e nel rispetto dei compagni era Medici il primo. Si congregarono, e come avviene sotto assoluto signore, consultavano, non del grave affare di stato, ma del come dirlo a lui senza indurgli timore o muoverlo a sdegno; avvegnachè le assai volte ricercati sulle cose di regno e sulla potenza della carboneria, gli avevano data sicurezza dell’amore dei popoli per le virtù del governo e per le felicità che spandeva; così nelle lodi del re lodavano sè medesimi. ed assonnando il signore, dominavano. Il cavaliere Medici nei regii consigli aveva rappresentata la carboneria come vaghezza o delirio di poche menti, ed accertando a re devoto (con astuta menzogna) che i missionarii pervenivano col santo mezzo delle confessioni a dissiparla. Ma da necessità vinto il ritegno, stabilirono verso il tardi del giorno di riferire al re quei successi, attenuando il pericolo per arte di racconto, e con la promessa di tenere in pronto i rimedii.

Intanto a quelle nuove il popolo della città bisbigliava, romoreggiavano i settarii, le autorità trepidavano, i novatori, gli ambiziosi rallegravansi, tutti presentendo non so quale fatalità nella diserzione di pochi uomini. Il re si voleva trattener sul mare, ma incorato dalle lettere dei ministri discese col figlio, e subitamente adunaronsi a consesso: timidi consiglieri di timidi principi, assuefatti a comandar popolo obbediente, non esperti alle rivoluzioni, costernati dalla mala coscienza, ondeggiavano, perdevano ciò che nei tumulti civili ha più forza, le ore. Altro consiglio di generali convocato dal Nugent deliberò che il generale Guglielmo Pepe, governator militare della ribellante provincia, andasse in Avellino a combattere i sollevati, e contenere quei moti. Nugent certo dello assenso del re, stretto dal tempo, chiamò Pepe, e con parole incitatrici gli impose partire fra quanti pochi momenti abbisognavano per informarne il re, e scrivere il foglio dei conceduti poteri. Il generale ne fu lieto, perchè, confidando di spegnere quei tumulti, ne aspettava în premio fama e favore; scrisse lettere al comandante militare di Avellino, diede comandi, ordinò movimenti di soldati e di milizie civili, annunziò che presto giungerebbe nella provincia.

Ma il Nugent, riferite nel consiglio del re le anzi dette cose, n’ebbe risposta che il governo sospettava la fede del general Pepe, facendosi più chiara con quello esempio la politica del quinquennale governo. Per la convenzione di Casalanza e i patti di Vienna mantenuti negli impieghi, i murattiani ottennero a poco a poco autorità, comando, potenza, e pur taluni le apparenze del favore. Ma gli abborriva il re, ne diffidavano i ministri, il governo pregiava i