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LIBRO OTTAVO — 1820. 219

assoluta, duravano parecchi errori di stato e mali usi antichi, ed eccessi di finanza, e conculcazione di giustizia, ed angarie di feudalità e di chiesa; ma tanti pubblici danni restavano coperti dalla adesione del popolo. Per la rivoluzione di Francia, le pratiche moderate di governo si volsero in dispotismo; cessò la persuasione in piccolo numero di soggetti, crebbe per ignoranza nella moltitudine; e perciò il governo, meno legittimo, più forte, vide i, prodigi della sua potenza ne’ tempi e alla caduta della repubblica napoletana.

Seguì la tirannide del 99, seguirono i dieci anni de’ re francesi; il popolo s’incivili, ed una tacita legge agraria divise fra’ popolani le proprietà de’ baroni e della chiesa. Nel 1815 ritornato al trono Ferdinando IV, sostenne o mutò leggermente gli ordini del decennio; per lo che vi erano, come innanzi, codici eguali, indi giusti, finanza grave ma comune, amministrazione civile, rigida e sapiente; e poi per leggi, come che offese talvolta, la polizia senza arbitrio, il potere giudiziario indipendente, i ministri del re e gli amministratori delle rendite nazionali soggetti a pubblico sindacato; e finalmente decurionati, consigli di provincia, cancelleria, tutte congreghe di cittadini e magistrati, attendenti al bene comune; le quali leggi e statuti componevano una quasi libera costituzione dello stato. I governanti erano benigni, la finanza ricca, s’imprendevano lavori di pietà ed utilità pubblica, prosperava lo stato; felice il presente, felicissimo si mostrava l’avvenire, Napoli era tra’ regni di Europa meglio governati, e che più larga parte serbasse del patrimonio delle idee nuove: erasi versato a pro suo tanto sangue nel mondo.

Da che dunque nascevano le contumacie dei soggetti, i tumulti, le ribellioni? Che mancava alle speranze pubbliche? La persuasione del popolo. L’avevano distrutta le atrocità del 99, gli infingimenti del quinquennio, la storia del re, le pratiche del ministero, la incapacità di governo; fioriva il corpo sociale, e (maraviglia a dirsi) il capo inaridiva. Credendo che le buone leggi decadessero e la monarchia moderata volgesse all’assoluta, i liberali temevano della persona, i possidenti dei nuovi acquisti, e stimolo alla rivoluzione non era il mal essere ma il sospetto. Al cominciar del libro io promisi che, descritti i vizii delle vari parti dello stato, avrei dato nome al morbo che lo spense; ed ora dico, sciogliendo la promessa, che furono vizii principali così la scontentezza inopportuna di ogni ceto della società, come il meritato dispregio del governo, e che morbo apportatore di morte fu la cessata persuasione del popolo.

Se a taluni sembrerà che io mi sia dilungato dal rigore istorico, dirò in discolpa che per me la storia non è solamente narratrice dei fatti, ma espositrice delle cause, giudice delle azioni. Scrivo quindi