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218 LIBRO OTTAVO — 1819.

modo ma dal soperchio; confessioni per vuotar la coscienza e rinsaccarla di colpe, atti di penitenza, non pentimento; e in somma superstizioni, o (peggio) ipocrisie ed inganni. Questa era la religione del popolo e del re.

Perciò, al cominciare dell’anno 19, la carboneria si componeva di uomini arrischiati ed operosi, atti a sconvolgere lo stato più che a comporre ordini nuovi; ma sul finire dell’anno molti altri ne introdusse assennati e potenti, che fatti accorti dalla vastità della setta, ovvero audaci dalle fiacchezze del governo, speravano, essendo settarii, far sicure le proprie facoltà o acquistare potenza nello stato nuovo: e così la carboneria tanto numerosa, oggi acquistando peso di consiglio e ricchezze, si fece maggiore del governo. Io nei cinque anni chiedeva a me medesimo donde nascesse la infingardia di chi reggeva lo stato; è forse ignavia? io diceva: è timidezza? è politica necessità? Ma poi conobbi essere quelle le regole del governare, chiamate sapienti nell’antico, cioè far poco per le opinioni, disapprovare, tollerare, cedere, spingere; e raggirando, renderle usate e spregevoli: senno di ministri vecchi per età, e per dottrine. Ma i tempi erano mutati: la carboneria nel XVIII secolo rimaneva setta perchè incontrava in ostacolo i resti della feudalità e del papismo; era più che setta nel XIX, ajutata dal genio e dalle passioni del tempo; si pensava sotto Carlo colla mente de’ governanti, si pensa sotto Ferdinando colla propria mente; allora il popolo camminava per impulsi altrui, oggi si muove per impeto proprio.

Abbandonando il subbietto della carboneria, nulla dirò de’ suoi voti, o riti, o cerimonie, perchè lo spirito e la sustanza delle politiche unioni non risiede in quegli aspetti, ma nello interesse degli uomini che le compongono. Perciò a bene intendere quella setta basterà dire, i carbonari essere i minori della società, che, sostenuti dalle ragioni della eguaglianza civile, muovono spingendo verso i maggiori; il quale moto nelle adunanze virtuose e costumate tende alle democratiche instituzioni, ma nelle scostumate de’ giorni presenti, ad invadere impieghi e potere, serbando i pretesti e ’l linguaggio di democrazia. Ora che scrivo (anno 1824), l’indole della setta è mutata; ma se in meglio o in peggio, lo dirò a suo luogo. Ripiglio il filo de’ racconti.

LI. Questi ho lasciati al finire del 1819, quando per cinque anni ogni opera del governo aveva destato ne’ soggetti scontentezza o dispregio; quindi fu spenta la persuasione di quel politico reggimento: perdita a’ governi estrema, ed indizio certo di vicina caduta. Tale è la persuasione di cui ragiono, che dove sia nel popolo, pure le ingiustizie sono tollerate; e dove manca, la stessa giustizia è sospetta. Riandiamo a sostegno di materia sì grave La nostra più recente istoria. Nel 1790, governandosi Napoli in monarchia moderatamente