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LIBRO SESTO — 1806. 17

dell’impero, sursero ordinanze severe, severamente osservate: minacciato il consigliero che rifiutasse di sedere a’ consigli, so spetto il cittadino che rinunziasse alcuna carica del comume, tutti gli uffizii di libertà esercitati con pazienza servile; la bontà del sistema scomparve. Si aggiunse che addossando alcune spese del tesoro pubblico al patrimonio della comuità, l’amministrazione, divenuta fiscale, scambiò l’indole, i dazii comunali non più si pagavano quetamente come lo spendere per la famiglia, ma di mal cuore come i tributi del fisco. Tal quale era l’amministrazione in Francia fu trapiantata nel reame di Napoli.

XVIII. Ed in quel tempo istesso altro giovamento si fece al regno, componendo le guardie provinciali nelle province, le civiche nelle città, e dando a’ cittadini armi e potere. Per ogni provincia una legione divisa per distretti e comunità; nella sola città di Napoli sei reggimenti; il servizio gratuito a sostegno degli ordini interni; legionari i possidenti di beni, o d’industrie, o d’impieghi; la scelta loro dalle autorità municipali, la dipendenza dalle civili, la nomina dal re. Furono queste le basi della milizia interna, forza dei governi che hanno co’ popoli interessi comuni, pericolo dei contrarii.

Ma l’avversione de’ Napoletani alle armi, il sospetto che dalle milizie civili si coscrivesse l’esercito, i pericoli del servire attesochè i briganti erano molti ed andari, ed infine il non aver ben sentito il genio salutare di quella instituzione, furono cagioni di popolare scontentezza e ritegno. Restò la legge rotta di effetto; ma di poi migliore senno ’l bisogno di opporsi a’ guasti sempremai crescenti del brigantaggio poterono più del comando; e a poco a poco quelle milizie formavansi, benchè deboli e disperse, essendo riserbato al succedente regno d’ingrandire e compiere opera tanto generosa e cittadina. Le menti più sagge godevano al vedere il vincitore armare i vinti, e l’amor di conquista confondere con l’amor di patria.

XIX. Vasta pianura, una volta fondo del mare, quindi alzata per ghiaie e terre scese da’ monti con lo scorrere de’ torrenti, abbandonata perciò dalle acque marine, e col passar de’ secoli coperta d’alberi e di città, e quella parte di Capitanata che chiamano Tavoliere; lunga settanta miglia, variamente larga. Il clima vi è temperato, e l’erba e l’acqua abbondante, sì che nel verno le minute gregi trovano pastura nel Tavoliere come in estate su i monti.

Sin da remotissimo tempo, che sarebbe fuggito dalla memoria degli uomini se Varrone nol ricordasse ne’ libri suoi, quel terreno, destinato a pascolo, produceva ricco tributo allo stato. Col variar de’ regni andò parte d’esso venduta o data in dono nel dominio

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