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204 LIBRO OTTAVO — 1818.

Altri trattati si fermarono colla Russia, la Sardegna, la santa sede, che io non rammemoro perchè di lieve passeggero momento, e ’l desiderio mi spinge a narrare le cagioni e gli effetti del concordato.

XXXIV. Ho discorso del concordato del 1741 nel primo libro di queste istorie, delle contese sulla chinea nel secondo. Godè poi Napoli tempi felici per lunga pace e per numero di scienziati amante delle pubbliche libertà; giacchè dopo il Giannone, altri, di lui poco men chiari, scrissero delle vane pretendenze del papa, ed il re Ferdinando, giovane allora e di più larga coscienza, applaudiva gli scritti. Per la rivoluzione di Francia, cruenta e trionfatrice, il re delle Sicilie ed il sommo pontefice, legati dallo spavento comune, sospesero le private brighe. L’alta Italia fu invasa da’ Francesi, indi Roma, indi Napoli: fuggirono i due sovrani, i due stati si ordinarono a repubblica, la pontificale navicella tenevasi a stento fra le tempeste. Poi fugate d’Italia nel 1799 le già vincitrici schiere francesi, que’ due sovrani ritornarono alle antiche sedi, scosse ancora dalle passate vicissitudini e minacciate dalle avvenire che scopertamente il secolo preparava; onde a cure sì gravi di regno cedevano le minori di predominio. E frattanto per bisogni di guerra e di stato il governo di Napoli vendeva, senza che il papa lo acconsentisse, beni di chiesa, scioglieva conventi, non provvedeva alle sedi vacanti dei vescovi per godere delle rendite, abbassava in molte guise la pontificale superbia che silenziosa attendeva (come è suo stile nelle avversità) il tempo alla vendetta.

Tali erano le cose quando uno de’ Bonaparte e poi Murat vennero al trono di Napoli. Le regole di questo regno furono le stesse dell’impero di Francia, il quale ancora serbava molte delle libertà e licenze dell’appena estinta repubblica; si disfacevano i conventi, era il matrimonio atto civile, si legittimava il divorzio per civile giudizio, tutte si offendevano le antiche ragioni Roma. Ed indi a poco imprigionato il papa, si aggregò il patrimonio della chiesa all’impero di Francia. Le legazioni e le Marche al regno italico, scomparendo d’Italia il fatale triregno, perpetuo nemico della unione e prosperità italiana. Nè perchè il pontefice tornasse in Roma nel 1814, il governo di Napoli cangiò tenore, che anzi reggeva le Marche da padrone, e pretendeva a più vasto e stabile dominio negli stati del papa. Il popolo napoletano poco tenace a’ dogmi di religione, contento delle forme, fatto ricco di beni della chiesa, viste a nudo le ribalderie de’ già frati, e chiarita alquanto la mente da’ lumi di ragione, non aveva a fastidio nè a peccato quella indipendenza.

XXXV. Ma nel 1815 il re Ferdinando, perduta la vigoria della giovinezza, fatto timido della morte, circuito di preti, non curante