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LIBRO OTTAVO — 1817. 201


Dopo le quali apparenze il generale chiamò a rassegna i Vardarelli nella città di Foggia, e promise di eleggere, a voti loro, il capo e i sottocapi della squadriglia: ed eglino, dopo varie sentenze, si recarono al destinato loco; fuorchè otto, contumaci all’invito, Era giorno di festa: la piazza scelta per la rassegna stava ingombrata di curiosi, quando vi giunsero i Vardarelli gridando viva il re, ed avendo spiegate solennissime, a modo loro, vesti ed arredi. Il generale dal balcone faceva col sorriso cenni di compiacenza, e il colonnello Sivo, disposti in fila que’Irentuno, li rassegnava, e lodando la bellezza ora dell’uomo ora del cavallo, facea dimande, scriveva note; dall’alto il gerinerale anch’egli con loro conversava; infine il colonnello si recò a lui, e credevasi per la scelta dei capi: restarono i Vardarelli in piedi, ciascuno innanzi al suo cavallo. Per due ore furono tenuti a rassegna, nel qual tempo le squadre napoletane avevano di nascosto circondata la piazza, ed attendevano il convenuto segnale a prorompere.

XXX. Levossi il berretto il generale Amato (era questo il segno), e ad un tratto avanzarono le colonne colle armi in pugno, e gridando, arrendetevi. Si aprono le affollate genti e s’incalzano: i Vardarelli frettolosamente montano sopra i cavalli; ed allora le prime file dei soldati scaricano le armi, nove dei Vardarelli cadono estinti, due s’aprono un varco e dileguansi; gli altri venti, atterriti, abbandonano i cavalli, fuggono confusamente in un grande e vecchio edifizio ch’era alle spalle. La fama del loro coraggio e la disperazione che lo accresceva ritiene i soldati dallo inseguirli: accerchiano però l’edifizio, spiano, non veggono uomo nè segno di fuga, entrano a folla le guardie, ricercano vanamente ogni loco; stavano maravigliate ed incerte, quando dallo spiraglio di una cava uscì colpo che andò a voto; un soldato che vi si affacciò per altro colpo fu spento: erano i Vardarelli in quella fossa. Vi gettano i soldati in gran copia e per lungo tempo materie accese, non esce da quell’inferno lamento o sospiro, ma più crescevano il fuoco ed il fumo. Si udirono contemporanei due colpi, e poi seppesi che partirono dalle armi di due fratelli, che dopo gli estremi abbraccinamenti a vicenda si uccisero; si arrenderono altri diciassette, un ultimo si trovò morto ed arso.

Informato il governo, comandò che gli arresi fossero messi in giudizio per aver mancato alla convenzione del 6 luglio; e però in un sol giorno del maggio 1818 furono dal tribunale militare giudicati, condannati, posti a morte. Gli altri dieci, ancora fuggiaschi, in vario modo, in varii tempi furono distrutti; si spense affatto quella trista gente, non in buona guerra dove tante volte fu vincitrice, ma per tradimenti ed inganni, cosicchè nel popolo i nomi loro e le geste sono ancora raccontate con lode o pietà. I già im-