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LIBRO OTTAVO — 1817. 199

legge turbò la santità degli acquisti, disordinò le industrie, pose vincoli alla libertà del possesso, impedì la francazione delle servitù, ravvivò le già spente. Avidità finanziera ne fu motivo; e poichè faceva onta il confessarlo, dicendo a pretesto che si voleva giovare alla pastorizia, fu destinata non poca parte di quelle immense terre a pastura vaga e nomada; così distruggendo il più gran benefizio della legge del 1806, quello d’introdurre nel regno l’uso e ’l bisogno de’ pascoli artificiali. Non compete all’istoria l’analisi di una legge economica, e basti al mio debito palesare che quella della quale ragiono ricondusse in Capitanata la sterilezza e la povertà. Ora dirò de’ Vardarelli.

XXIX. Gaetano Vardarelli, di servili natali, prima soldato, poi disertore dell’esercito di Murat, ricoverò in Sicilia; e di là per nuovi delitti fuggendo, ritornato nel regno, cercò salvezza non dal perdono o dal nascondersi ma combattendo. Brigante, felice in molti scontri, poi perseguito vivamente, volse di nuovo a quell’isola sperando che i travagli e le fortune del brigantaggio gl’impetrassero scusa degli antichi misfatti; nè s’ingannò: lo tornarono alla milizia, divenne sergente nelle guardie, e così ricomparve in Napoli nell’anno quindicesimo.

Ma non pago di mediocre fortuna e di posato vivere, cercando il malo ingegno opulenza e cimenti, disertò nell’anno istesso, e si diede a scorrere, pubblico ladro, le campagne. Prodigo ai poveri, avido e feroce co’ ricchi, ebbe compagni due suoi fratelli, tre congiunti, quaranta e più altri, malvagi al pari di lui. Capo e tiranno di quella schiera puniva i falli con pene asprissime; la codardia colla morte. Tutti montati sopra cavalli, assalire velocemente, velocemente ritrarsi, camminar giorno e notte, apparire quasi al tempo stesso in lontane contrade, erano le arti che li facevano invitti, benchè sempre inseguiti e spesso raggiunti da non pochi soldati napoletani e tedeschi. Acquistò Vardarelli tanto nome di valore o fortuna, che ormai la plebe, scordando le nequizie, lo ammirava; e tanto più ch’ei davasi vanto (e forse lo era) di carbonaro.

Il ministero, sollecito di congedare l’esercito tedesco, era trattenuto dalla fortuna de’ Vardarelli e dal pensiero che una torma di assassini non sarebbe invincibile senza i secreti ajuti della setta; e che la setta viepiù ardirebbe, avendo mano di armati apertamente ribelli, avventurosi e potenti. Spegnere que’ tristi o soggettarli divenne interesse di governo, e poichè non si poteva abbatterli colla forza, si discese a quetarli coi trattati; e da pari a pari stipular atto che io qui registro acciò rimanga documento della debolezza del potere legittimo; fonte donde derivarono poco appresso altre sventure di maggior momento.

Articolo. 1°. «Sarà concesso perdono ed oblio ai misfatti de’ Vardarelli e loro segnaci.»