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188 LIBRO OTTAVO — 1816.

apprese in Noja, piccola città della Puglia che l’Adriatico bagna, popolata di cinquemiladuecento abitanti. Avidità d’illecito guadagno la introdusse con alcune merci, non so se da Dalmazia o da Smirne, perciocchè l’autore del controbando o debitamente morì, o si nascose per evitar la pena e l’infamia del gran misfatto.

Nel dì 23 novembre morì Liborio di Donna, e nel dì seguente Pasqua Cappelli sua moglie, settuagenarii, poverissimi, ignoti per fino in patria, ed ora l’istoria registra i loro nomi (infausta celebrità) perchè prime vittime della pestilenza. Questa, sconosciuta ancora, si diffuse nelle genti più misere, perchè vili erano le materie appestate, o perchè la fortuna è più crudele agli afflitti. Le case de’ ricchi, durando illese, non credevano contagioso quel morbo; ma un tal giovane Lamanna, dissoluto ed arrischiato, praticando alla spensierata fra donnesche lascivie, ne fu tocco, portò il male nella famiglia, ed indi a poco tutti i ceti della sventurata città ne furono presi o minacciati.

I sintomi erano spaventevoli: la faccia si scolorava, e subito ingialliva e scarnivasi come di cadavere; si dilatavano le pupille, balbutiva il labbro, la lingua si copriva di cotenna bianca, o mostravasi arida, tremante, torta ad un lato, con striscia rossa nel mezzo, contornata di largo lembo giallastro; sete ardente, inestinguibile; brividi, deliri, demenza, e, fra tante cagioni di moto, immobile il corpo come morto. Spuntavano bubboni all’inguine ed alle ascelle; il ventre o il petto coprivano le antraci, che se vivide e dolorose, erano indizio di salvezza, ma se pallide e scomparenti, di morte. Non forza di età o di sesso potea contro al male, era universale il pericolo e lo spavento: in tre, in cinque, in sette giorni gli appestati morivano; ma più fortunati coloro, e parecchi ve n’ebbe, che la furia del male in poche ore spegneva.

A’ 23 novembre, come ho rammentato, la peste troncò la prima vita, e solamente a’ due gennajo la città fu cinta; per quaranta giorni con libero traffico entravano ed uscivano uomini e merci. si spandevano nelle province, ne pervennero in Napoli. Ma fortuna o provveder divino volle salvo il regno e la Italia, perciocchè non uomo o cosa, delle tante cose ed uomini usciti da Noja, era infetto di peste. Ma se pigre da principio le autorità della provincia, fu il governo dappoi diligentissimo, mandando commissarii, soldati, provvedimenti, ed affidando la somma delle opere al general Mirabelli, umanamente severo, per zelo infaticabile e di buona fama. La misera città fu chiusa da tre circoli di fossato, l’uno dei quali a sessanta passi, l’altro a novanta, ed il terzo (segno più che ostacolo) a dieci miglia; le ascolte guernivano que’ ripari, e numerosi fuochi gl’illuminavano nella notte. Era pena la morte a chi osasse di tentare il passaggio, e però un infelice, fatto demente per morbo o per