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LIBRO OTTAVO — 1815. 187

condannato a morire in forza di legge del decennio mantenuta in vigore. La quale legge (per maggiore scherno di fortuna) dettata da Gioacchino sette anni innanzi, benignamente da lui sospesa in molti casi di governo, fu, come ho detto, istromento della sua morte.

La sentenza venne udita dal prigioniero con freddezza e disdegno. Menato in un piccolo ricinto del castello, trovò schierato in due file uno squadrone di soldati; e non volendo bendar gli occhi, veduto serenamente l’apparecchio dell’armi, postosi in atto d’incontrare i colpi, disse ai soldati: «Salvate al viso, mirate al cuore.» Dopo le quali voci le armi si scaricarono, ed il già re delle due Sicilie cadde estinto, tenendo stretti in mano i ritratti della famiglia, che insieme alle misere spoglie furono sepolti in quel tempio istesso che la sua pietà aveva eretto. Quei che crederono alla sua morte amaramente ne piansero, ma la più parte de’ Napoletani ingannava il dolore, fingendo non so qual mendacio in tutti i fatti del Pizzo.

XVII. Questa fine ebbe Gioacchino nel quarantesim’ottavo anno di vita, settimo di regno. Era nato in Cahors di genitori poveri e modesti; nel primo anno della rivoluzione di Francia, giovanetto appena, fu soldato ed amante di libertà, ed in breve tempo uffiziale e colonnello. Valoroso ed infaticabile in guerra, lo notò Bonaparte e lo pose al suo fianco; fu generale, maresciallo, gran duca di Berg e re di Napoli. Mille trofei raccolse (da secondo più che da capo) in Italia, Alemagna, Russia ed Egitto; era pietoso a’ vinti, liberale a’ prigioni, e lo chiamavano l’Achille della Francia perchè prode ed invulnerabile al pari dell’antico; ebbe il diadema quasi in dote della sorella Bonaparte, lo perdè per ignoranza di governo. Due volte fatale alla Francia, nell’anno 14 per provvido consiglio, nel 15 per insano. Ambizioso, indomabile, trattava colle arti della guerra la politica delle stato. Grande nelle avversità tollerandone il peso; non grande nelle fortune perchè intemperato ed audace. Desiderii da re, mente da soldato, cuore di amico. Decorosa persona, grato aspetto, mondizie troppe, e più ne’ campi che nella reggia. Perciò vita varia per virtù e fortuna, morte misera, animosa, compianta.

XVIII. Addolorati ancora per i fatti del Pizzo erano i Napoletani, allor che avvenne caso più grande di pietà e di spavento: la peste entrò nel regno. Appena da pochi mesi era spento in Malta quel morbo, quando risurse in Dalmazia, e quasi al tempo stesso a Smirne ed in alcuni villaggi dell’isola di Corfù, e, girando l’Arcipelago, a Scutari e Salonico; era di nuovo apparso per la bestiale ignavia de Turchi ne’ sobborghi di Costantinopoli; a distanza infinita travagliava gli abitanti di Cadice. E ne’ giorni medesimi si