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LIBRO OTTAVO — 1815. 177

modo istesso l’arresto; il giudizio consisteva nel solo alto di identità, tenendo i delitti come provati; la pena era di morte, inappellabile la sentenza, immedialo l’effetto.

La effrenata potestà di quelle giunte voleva nei membri suoi prudenza quasi soprumana, e modo, senno, benignità, giustizia; ma pure i giudizii loro furono sì negligenti e precipitati che spesso vedevansi scambiati nomi e segnali de’ fuorbanditi, e inseritti nella esiziale lista uomini non rei, crcduti grassatori perchè indicati dal romore pubblico, o assenti, o dimenticati nelle prigioni, o soldati nell’esercito; de’ quali errori molti scoperti e corretti, più molti occultati dalla morte. Non erano di tanta asprezza le pratiche del decennio: allora non si metteva a prezzo la vita dei fuorbanditi; e presi, andavano al giudizio colle forme comuni: dibattimento e difesa.

Per altra legge aboliti i giudcii correzionali, l’azione non più fu pubblica; la querela dell’offeso moveva il procedimento, il perdono lo troncava; le antiche rimessioni e trabsazioni spente colla feudalità. rividero il giorno. Erano colpe correzionali le ingiurie, le battiture, le non mortali ferite, le leggere violenze al pudore, che dopo quella legge restavano impunite se îl potere o la ricchezza del colpevole compravavo il silenzio o il perdono. Ingiustizia più scandalosa giacchè ad oltraggio dei deboli e de miseri, e più sentita perchè nel secolo delle uguaglianze, nata per l’avarizia del fisco, apportando que’ giudizi correzionali spesa non lieve al tesoro.

Tale giustizia era nelle leggi, notiamone alcuni effetti. Il principe Philipstad aveva due figliuole adulterine, e ’l duca di Spezzano parecchi figli della stessa colpa. Il codice vietava che fossero legittimati, ma il re li dichiarò legittimi in grazia de’ due genitori a lui cari, con grave danno degli eredi naturali e con offesa delle leggi.

Per altro decreto fu richiamato ad esame un giudizio feudale, deciso, prescritto, e la novella sentenza di magistrato composto ad arbitrio fu in danno della comunità, in benefizio del duca d’Ascoli favorito del re.

Antica lite tra il duca di Diano e ’l marchese di Villanova era stata nel decennio decisa e prescritta a pro del primo; divenuto possessore legittimo e sicuro di patrimonio ricchissimo. Ma il Diano era odioso al re Borbone, il Villanova era caro, e perciò la lite essendo rianimata per lettere regali nel 1815, timori nell’uno, speranze nell’altro si suscitarono: allorchè la indegnazione del pubblico, il grido, lo scandalo, il sospetto rattenendo gl’impeti del dispotismo non del favore, il re decise che rimanesse il Diano pacifico possessore delle guadagnate ricchezze, ma si concedessero al Villanova ducati duecentomila dalla cassa dello stato.

Gli arbitrii duravano. Accusati di alto tradimento ed imprigionati

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