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LIBRO OTTAVO — 1815. 171

volontarii vicendevoli colpi si uccisero; si abborrono i nomi de’ fortunati disertori di quella battaglia. Oramai la milizia (e ne siano rese grazie alla civiltà del secolo) se mercato di sangue e di servitù, è tenuta a vergogna; ma se strumento di nazionale difesa e grandezza, è virtù e decoro.

Alle prime intimazioni dell’araldo cederono i comandanti di Pescara e di Ancona benchè avessero numerose squadre, armi soperchie, vettovaglie abbandanti. Fu ignoranza e timore; avvegnacchè nati soggetti del re Borbone, riputavano colpa dissobbedire al suo cenno, temevano il noto sdegno e la superbia. Ancona restò presidiata dalle armi tedesche, poi resa al papa. Pescara fu smantellata, aperte per forza di mina diciassette brecee nei baloardi, oltraggio a re amico, sospetto di novelle guerre, e provvedimento per futura conquista. Lo stesso araldo ed i mali esempii non turbando la costanza del general Begani che comandava in Gaeta, durò l’assedio, ma lento. Dopo la battaglia di Vaterloo e la prigionia di Bonaparte, la bandiera de’ tre colori (testè sì altiera) sventolava, solitaria nel mondo, sopra i nudi sassi di Torre Orlando, bizzarria di fortuna e celebrità per quella rocca, sgomento e pericolo per Begani. Egli allora diè la fortezza, ma del lento ubbidire fu punito dal re, premiato dalla fama.

Chi disse ingiusta la pena, chi giusta, delle quali sentenze riferirò i concetti. Essere perduta l’Italia da’ Francesi e ’l regno da Gioacchino, la Francia assalita, l’Europa collegata co’ Borboni di Napoli, distrutta la importanza di Gaeta, impossibile ogni soccorso, la difesa inutile anzi colpevole delle morti e dei danni; Ferdinando legittimo re, per le armi disceso e dalle armi ricondotto sul trono, rinvigorite le sue ragioni, la sospensione di regno cessata; il generate Begani nato suddito di lui, ora suddito nuovamente, e se nemico, ribelle. Così gli uni.

Ma i contrarii dicevano: essere una legge degli assediati, non cedere, che a necessità; l’orecchio sorda a minacce o lusinghe, il guardo breve quanto il tiro dell’armi, e nel recinto della fortezza chiusa il loro mondo, a loro nessune altre leggi o doveri. solamente sacra la religione dei giuramenti. Non giudica egli della cessata importanza di combattere o della impossibilità de’ soccorsi, essendo incapace di misura il giusto momento di una fortezza. Se nell’anno 1798 il governatore di Gaeta non ne apriva le porte, la invasione francese fermavaasi al Garigliano, la repubblica, il brigantaggio, le atrocità del 99, il cardinal Ruffo, lo Speciale, e tanti nomi e cose abborrite non lorderebbero la nostra istoria; così che al poco spirito del vecchio generale Tschiudy si attenevano tante morti e vergogne. E se Gaeta nel 1806 poteva reggere altri otto giorni, l’esercito di Francia sforzato da’ borboniani usciva dal regno, o riparavasi a