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170 LIBRO OTTAVO — 1815.

libero lo sguardo e l’orecehio da spettacoli e suoni tanto molesti, s’incontrò prigioniera al fortunato rivale, e gli accrebbe la gioja del trionfo.

Il dì 4 giugno arrivò il re in Baja, il 6 a Portici, dove invitati si adunarono i generali murattiani e borbonici. Lo sguardo del re scorrea sopra tutti benigno ed eguale, ma le due parti biecamente guatavansi e dispettose; l’una era vinta, nè l’altra vincitrice; scambiavansi occultamente le false ingiurie d’infedeltà e di servaggio; all’amibizione degli uni pareva intoppo la nuova politica del re, all’ambizione degli altri il suo vecchio favore. Erano eguali tra loro l’odio e ’l disprezzo.

Il re, tre giorni dopo, fece pubblico ingresso in città, stando a cavallo con piccolo corteggio; erano mansueti i destrieri, semplici gli arredi e i vestimenti, contrapposti allo splendore ed al lusso del re Gioacchino. E perciò il volgo, querulo sempre, chiamava quello re da scena, e chiama ora questo re contadino; la pompa del primo prodigalità, la modestia dell’altro avarizia. Si fece festa per varii giorni e sincera; gli addolorati della caduta di Murat sospiravano, ma sommessamente, perchè quel dolore non aveva cagione pubblica; era pietà, gratitudine, amicizia, mesti e taciti sentimenti del cuore.

V. Ma i moti prodigiosi della Francia dopo il ritorno di Bonaparte dall’Elba, e la vastità del suo ingegno e della fortuna adombravano le prosperità del governo di Napoli, quanda giunse la nuova della battaglia di Vaterloo, ancora ignorandosi quella di Ligny, perciocchè la fama questa volta fu contro suo costume più celere nei lieti annunzii che ne’ contrarii. Con feste la vittoria fu celebrata. Il comandante di Gaeta, che ancora combatteva sotto l’insegna di Murat, a quello avviso cedè la fortezza; Pescara ed Ancona erano state cedute mesi innanzi, delle quali tre cessioni è debito che io favelli.

La fortezza di Pescara comandata dal general Napoletani fu resa nel 28 maggio; quella di Ancona, dal general Montemajor, nel dì seguente. Un araldo del re Ferdinando intimò a que’ due comandanti di arrendersi, e subito le porte si spalancarono. Fu araldo un già colonnello di Murat, unica macchia dell’onorata sua vita, im perciocchè nella mutazione degli stati quel cambiar necessario di bandiera è cordoglio agli eserciti non onta; ma nel passaggio se alcuno palesi volontà, o ambizione, o letizia, dà prova di animo incostante e servile. L’onor militare ha cangiato natura, e da gladiatorio qual era è fatto civile, che non più si ammira l’arte, il valore, la fortuna istessa di guerra, quando si combatte per iniqua causa, La tomba di Moreau giace oscura e non pianta; si onora la memoria de’ soldati francesi che tra le disperazioni di Vaterloo per