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156 LIBRO SETTIMO — 1815.

sparsi per le campagne e i villaggi, andavano in cerca di vitto, di ricovero e di guadagno; e che i generali, scontenti e stanchi di quella guerra, mentivano il proprio difetto nel guidarli. Era frattanto verissimo che, disertati i campi e confuse le ordinanze, i destini di quella moltitudine stavano in potestà della fortuna. Si sperava col giorno adunare gli sbandati, ricomporli e menarli al Tronto; e per lo abbandono di Petriola si volea nella notte spedire a Mont-Olmo la metà della terza legione; ma il capo di lei, general Lecchi, diffidava che ella obbedisse, e se il re volgeva il pensiero alle legioni seconda o della guardia, i due generali rammentavano di esserne stati abbandonati, e che pochi soldati che a stento adunerebbero nella notte andrieno disuguali e svogliati alla guerra. Allora il re, fastidito di quelle tristizie, comandò che la brigata Caraffa della terza legione subitamente marciasse, e quella (a mentita e scorno de’ detrattori) tacita ed obbediente si partì.

Col giorno, che indi a poco spuntò, palesati della notte i mendaci racconti e i timori, fu visto che la seconda legione non aveva smarrita la strada, non incontrato il nemico; che la guardia era stata spicciolata, confusa, non fuggitiva; che la terza legione si teneva unita, che la cavalleria era rimasta all’assegnato campo, che gli artiglieri e gli zappatori serbavano piena ordinanza; e che infine il nemico, riposato ne’ campi di Tolentino, veniva, formato a colonne, sopra Macerata. In vero del nostro esercito era perduto l’ordine, l’animo, le speranze, e fra tanti esempii di ribalderia impunita, sì vedevano rotti gli ultimi freni della obbedienza. Ma (dicasi la verità tutta intera) la corruzione scendeva da’ capi agl’infimi.

XCII. Tali quali erano quelle schiere si formarono in due colonne, che per la sponda sinistra del Chienti, sopra due strade parallele al fiume, marciar dovessero per Civita e Fermo; mentre la brigata Caraffa anderebbe sull’altra sponda per Mont-Olmo e Santa Giusta. Al general Carascosa erasi scritto il giorno innanzi, fra gl’infortunii di Tolentino, di lasciare un reggimento in presidio della fortezza di Ancona, e col resto della legione accelerare il cammino così che giungesse nella sera del 4 a porto di Civita. Qui l’esercito si unirebbe, e fisserebbonsi gli ordini di ritirata per la frontiera del regno. Cominciò il movimento da Macerata: era il re nella colonna del centro, che, giunta al piano, trovò impedita la strada da ottocento fanti tedeschi, con tre cannoni e seicento cavalli disposti a battaglia, mentre che squadre più numerose assaltavano la città per le vie di Monte-Milone e Tolentino. Il re per disgombrare il cammino fece due volte caricare il nemico dalla cavalleria della guardia, che fu respinta, i Tedeschi di ogn’intorno avanzavano; la brigata Caraffa, che accampata a Mont-Olmo dominava alle spalle del nemico, tenevasi questa invisibile, non desta dal vicino romore di guerra, e