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154 LIBRO SETTIMO — 1815.

impeto che senno alla vendetta; mentre ai precedenti disordini, che avea pur visti, era stato paziente e trascurato. Ordinò che la legione di Aquino assaltasse il fortissimo fianco sinistro del nemico; ed Aquino, marciando in quadrati per quei terreni alpestri ed impediti, giunse al piano con le sue genti disordinate e confuse. Lo conobbe il nemico ed andò ad assaltare, lo conobbero le assalite schiere, e trepidarono; il primo quadrato dopo breve contrasto si scompose, e, senza comando di ritirarsi, sparpagliato e ribelle tornò alla collina; un secondo quadrato seguì l’esempio, gli altri due ch’erano a mezza costa furono con ordine richiamati. Tutte quelle schiere sostenute da poderosa batteria di cannoni si ricomposero, il nemico ritornò intero al suo campo, noi perdemmo di morti e feriti pochi uomini, tra’ quali ucciso il duca Caspoli ordinanza del re, adulto appena, bello della persona, animoso in guerra, caro alle squadre. Ma nostro danno maggiore fu l’esempio a’ due eserciti della temenza e contumacia di una legione, tal che il nemico se inseguiva i fuggiaschi avrebbe presa o dispersa l’ala diritta della nostra linea, disfatto il resto, e per arti ed armi finita in quel giorno la guerra. Ma il destino negava ogni gloria a’ Tedeschi e serbava a’ Napoletani altri dolori e vergogne.

Gli Alemanni irresoluti, i nostri discorati, sanguinoso il combattere ma inutile, due mila delle due parti giacenti sul campo morti o moribondi, cadente il giorno, stanchi i soldati, cessarono senza accordo ma per comune bisogno, le offese, e i due capitani ordivano per il dì vegnente nuova guerra, Quando il re, scoperta su le alture di Petriola la mezza legione del general Majo, andandole incontro per disegnare il campo, vide in lontananza due corrieri frettolosi. Gli aspettò, e seppe che gl’inviava, l’uno dagli Abruzzi il general Montigny, l’altro da Napoli il ministro della guerra, portatori di lettere da consegnare nelle sue mani. Monligny riferiva le sventure di Abruzzo, presa Antrodoco da dodicimila Tedeschi, datasi l’Aquila, ceduta a patti la cittadella, sciolte le milizie civili, sommossi i popoli per la parte de’ Borboni, voltato de’ magistrati lo zelo ed il giuramento, e lui con pochi respinto a Popoli. Riferiva il ministro la comparsa del nemico sul Liri, lo sbigottimento de’ popoli, i tumulti di alcuni paesi della Calabria. Alle quali nuove Gioacchino smarrì il senno; e credendo il regno vicino a perdersi, stabilì di accorrere al maggior pericolo, e (con improvvido, ma suo consiglio) ritirar l’esercito nelle proprie terre.

Dispose la ritirata. Il generale Millet scrisse al general Pignatelli di subito ridurre la sua legione a Monte-Olmo, ed indi a poco, riconosciuto l’errore del subito, lo avvertì a voce per altro messo dì non muovere innanzi della notte. Ma volendo il Pignatelli seguire l’ordine scritto e primo, il capo del suo stato-maggiore, un colonnello della