Pagina:Storia del reame di Napoli dal 1734 sino al 1825 II.pdf/157


LIBRO SETTIMO — 1815. 153

ad un monte aspro e difficile, ed avendo innanzi al centro due poggi, quasi sporgenti nelle nostre linee. Le quali, obliquamente ordinate dirimpetto al nemico, appoggiavano anch’esse la sinistra al fiume, la diritta al monte; dodicimila soldati. E frattanto il re, non perduta speranza di vincere il nemico più forte, lasciò in Macerata la terza legione; ed egli primo cominciò l offese.

Comandò che da’ poggi più vicini fosse cacciato il nemico. e la guardia speditamente lo discacciò. Le due ale della nostra linea mossero per meglio ordinarsi col centro, e Bianchi a quelle viste chiamò dall’ala diritta parecchi battaglioni a rinforzare il suo fianco sinistro minacciato e men forte, il quale passaggio fu creduto da Gioacchino principio di ritirata, ma presto conobbe ch’era novella ordinanza minaccevole a noi. Le formazioni de’ Tedeschi erano più a difesa che ad offendere, e le nostre in contrario; ma Gioacchino, indebolita la presunzione del mattino, non osava di affrontar la pugna e per due ore i due eserciti rimasero guardinghi e inoperosi. Alfine mosse il Tedesco ed assaltò quei poggi medesimi debolmente difesi poco innanzi: l’ala destra secondò vigorosamente gli assalti, la sinistra, perno di forze, restò ferma: poichè il nemico disegnava cambiar fronte, gettar noi nelle valli del Potenza, impadronirsi della grande strada, tagliarci da Macerata, da Ancona, dagli Abruzzi. Ma i nostri battaglioni della guardia combattevano valorosamente, e sì che tre volte si rifecero le colonne degli assalitori, tre volte de’ nostri. Guerreggiavano nella sottoposta pianura con prodezza eguale e con fortuna poco varia e vicendevole, ed ivi tra’ molti Napoletani fu ferito il generale Campana, che in quel giorno e nel precedente avea bravamente combattuto. Le condizioni de’ due eserciti erano mutate da che i Tedeschi, deposto il pensiero e ’l bisogno di difendersi, assalivano.

In mezzo al combattimento il re spedì ordine al generale Lecchi in Macerata di far marciare metà della sua legione per la sponda diritta del Chienti onde afforzare il nostro fianco sinistro, minacciare il destro al nemico ed occupar Tolentino; ma Lecchi ritardò il partire, e ’l generale Majo, capo delle schiere che alfine mossero, timido ed inesperto, lento al cammino, con lo sperato soccorso non giungeva. Il generale di Aquino, che dopo la ferita del prode in guerra generale d’Ambrosio guidava la seconda legione, diffidando della impresa, o contumace per indole, disobbediva al comando di avanzare i suoi reggimenti, sino a che minacciato ubbidì; e benchè andasse in terreno montuoso, difficile a’ fanti, impossibile a’ cavalli, formò le sue genti a quadrati, e distaccò spicciolate su la fronte del campo tre compagnie leggere; le quali avanzando fino al piano, non richiamate, nè sostenute, oppresse da’ cavalieri nemici, furono senza contrasto prigioni. Vide il re quelle perdite, e corse con più