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LIBRO SETTIMO — 1815. 149

che viaggiava verso Foligno, dappoichè i suoi generali sempre più creduli alle false voci ed alle apparenze di guerra, che il general Nugent scortamente simulava, abbandonarono Firenze; e ’l precipitoso partire fu cagione che lettere del re ed un uffiziale della sua casa che le recava cadessero in mano al nemico. Ritornavano quelle due legioni per Arezzo e Perugia, a gran giornate, senza l’onor di alcun fatto d’arme, o di fortuna o di sventure, e dell’onta de’ capi vergognose. Per attenderle, e per dare al general Bianchi tempo convenevole al suo lungo cammino, il re fermò l’esercito dietro al Ronco, accampando l’avanguardo a Forlimpopoli, il centro tra Bertinoro ed il Savio, la riserva in Cesena e Cesenatico.

Così per due giorni. Al mattino del terzo, Neipperg smascherò dodici cannoni messi in batteria su la sponda del Ronco, e fece guadare il fiume da due battaglioni di fanti ed uno squadrone di cavalleria; che tosto assalito da schiere maggiori, lasciando sulla nostra sponda quaranta morti o feriti, trenta prigioni, si ritirarono. Poi a notte bruna, o in ora tarda, ed a poca distanza del campo napoletano, guadavano lentamente sette battaglioni tedeschi e due squadroni di cavalli; il primo battaglione che giunse al lido si ordinò in quadrato, gli altri sei lo seguivano: i cavalieri arrivando spiegavansi a battaglia. Una pattuglia del campo gli scoprì; ed allora il comandante de’ Napoletani, maggiore Malchevski, polacco a’ nostri stipendii, animoso ed esperto alla guerra, fece disegno d’ingannare nelle tenebre il nemico venuto ad ingannarlo; condusse un de’ suoi battaglioni chetamente sul fianco diretto de’ Tedeschi, e lo schierò a martello nel fiume; con un secondo battaglione e trecento cavalli, e grida, spari e batter d’armi gli assaltò nella fronte trovandoli in parte ordinati e parte in cammino. Eglino benchè sorpresi combattevano; ma non vedendo per la oscurità nè la nostra linea nè la propria, ed avendo perduta la forma e la idea delle ordinanze, sentivano il combattimento così di fronte come alle spalle e da’ fianchi, e parevano colpi del nemico i colpi proprii. Si ruppero infine, e disordinatamente rivalicarono il fiume; ma poichè combattendo e perdendo eransi arrestati, s’imbatterono sotto la linea del battaglione napoletano messo ad agguato nell’acqua; al quale, creduto amico, confidentemente avvicinandosi e dando voce di riconoscimento, scoperti tedeschi, ebbero in risposta più offese, più morti, più danni. Cinquecento morirono, e appena cinquanta dalla nostra parte; erano quattromila i perdenti, mille e quattrocento i vincitori: del maraviglioso successo cagioni la notte, e l’ardita pruova del Malchevski.

Il re avvisato di quello ardire, nuovo alla prudenza di Neipperg, immaginando che necessità lo spingesse a combattere, sperò battaglia per il dì vegnente. Egli non poteva cercare il nemico ne’ suoi