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148 LIBRO SETTIMO — 1815.

intera tedesca destinata alla guerra offensiva contro noi, e se felice, alla conquista del regno, componevasi di quarantaseimila soldati in due eserciti, l’un de quali trentamila uomini) guidava il general Bianchi per la via di Firenze, l’altro (sedicimila) sotto al comando del general Neipperg seguiva il nostro cammino per la strada Emilia, e che reggitore supremo di quella guerra era non più Frimont ma Bianchi. Questi avvisi bastavano a palesare la mente del nemico; il quale, credendo che Gioacchino ritirasse l’esercito e disperato cercasse non più combattimenti ma salvezza, disegnava di ritardarlo con le schiere di Neipperg, precederlo sul Tronto con quelle di Bianchi, stringerlo nel mezzo, ed averlo prigione o romperlo combattendo.

Ma dall’opposta parte il re si rallegrò, vedendo separati i due eserciti nemici dalla catena degli Apennini, e sè poco men forte di Bianchi, assai più forte di Neipperg, e quei due raggirarsi fra linee esteriori, stando nel mezzo l’esercito napoletano intero e libero di affrontare or l’uno or l’altro. Ma per farsi maggior profitto di quegli errori del nemico, bisognava combattere i due eserciti quando erano tra loro a maggior distanza; e venire a giornata prima con Bianchi che con Neipperg. Le quali condizioni si avveravano a’ dintorni di Macerata, allora Bianchi trovandosi allo scender de’ monti verso Tolentino, Neipperg alle opposte pianure del Cesano, e noi nelle forti posizioni del mezzo, con Ancona nostra sul fianco. Si trascuravano i monti, gagliardi alle difese, di Colfiorito e Camerino, perchè il disegno di quella guerra consisteva non già nel trattenere il nemico, ma vincerlo, essendo l’indugio contrario a noi; e perchè, se quei monti erano presi da noi, tornava intero l’esercito tedesco, e rimaneva lontana ed inabile a soccorrerci Ancona.

Era dunque in Macerata il fine della guerra; ma per giungervi facean d’uopo a’ Napoletani venti giorni di cammino e di travagli. Il re tenne chiusi quei pensieri; fuorchè (comandato prima il segreto) al general del genio; del quale abbisognava per riconoscere i campi opportuni al combattere, ed il terreno da percorrere; condizioni necessarie a governare il cammino dell’esercito, così da farlo giugnere a Macerata, quando Bianchi appena era in Tolentino, ed appena Neipperg al Cesano; chè il più tardi come il più presto distruggeva la pianezza de’ suoi disegni. Volevasi in quelle mosse geometrica misura, e tal si tenne di modo che la ritirata dal Po, oggi oscura o schernita, si citerebbe ad esempio di strategia se fosse stata fortunata quanto saggia.

LXXXVI. Marciò l’esercito da Imola a Faenza, indi a Forlì, indi a Cesena, senza fatti di guerra, perchè Neipperg osservava quei movimenti e gli seguiva in distanza. Della guardia sapevasi