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LIBRO SETTIMO — 1815. 147

come già troppo sperata da Gioacchino, italiana rivoluzione. Quindi maravigliava della nostra lentezza l’esercito tedesco; ma dipoi, sapute le ragioni, assaltò Carpi guernito da tremila Napoletani che il generale Guglielmo Pepe reggeva. Il primo impeto andato a vuoto, i Tedeschi accresciuti di numero e tornati alla città, la espugnarono; fecero prigioni quattrocento de’ nostri, altri cento ne uccisero; perderono de’ suoi quasi altrettanti, ed inseguirono per lungo spazio il general Pepe che disordinatamente si ridusse a Modena. Il campo napoletano di Reggio per la caduta di Carpi stava in pericolo; ma il re facendo muovere sopra Mirandola la legione ch’era in Cento, il nemico, minacciato sul fianco, si arrestò; e le schiere di Reggio unite alle altre di Modena, insieme ritirandosi accamparono dietro al Panaro. La legione terza, abbandonata Mirandola, tornò alle antiche stanze; e il nemico rincorato dal riacquisto di molte terre, attendendo ad ordinarsi a guerra offensiva, passarono cinque giorni senza combattere.

Ma il 15 di aprile un reggimento napoletano e piccolo squadrone di cavalleria, accampati a Spilimperto con mala guardia, furono attaccati così all’impensata che mancando tempo al consiglio di resistere o trarsi addietro, fuggendo e lasciando pochi prigioni, ripararono confusamente dietro alla prima legione a Sant’Ambrogio. Col cadere di Spilimperto venendo in dominio del nemico le due sponde del Panaro, non più quel fiume era difesa per l’esercito napoletano; e frattanto finiti i movimenti ordinati per il consiglio di Bologna, vuotati gli ospedali e i magazzini, e indietro apparecchiati viveri e campi, il re prescrisse che la prima legione accampasse dietro al Reno, la seconda marciasse per Budrio e Lugo sopra Ravenna, la terza per Cotignola sopra Forlì. E d’altra parte i Tedeschi, baldanzosi per i facili successi del mattino, assaltarono nel mezzo giorno la prima legione sul Reno. Di questa facendo parte i soldati fugati a Spilimperto, dimandarono tumultuosamente di combattere; e ’l general Carascosa, viepiù concitando il generoso rossore, gli mosse contro il nemico, e lo vinsero. Ma quello indi a poco venne più forte, sì che metà delle legione schierò a battaglia tra ’l nemico ed il fiume, e metà come in riserva nell’altra sponda. Tre volte i fanti Tedeschi assaltarono, tre volte respinti, una quarta più impetuosamente i cavalli ungheresi, e furono ancor essi trattenuti e fugati. Dopo tre ore di combattimento, i Napoletani mantennero il campo, i Tedeschi se ne scostarono di alcune miglia: cinquanta de’ primi, duecento e più de’ secondi vi furono morti. La notte il re andò ad Imola; e tutto l’esercito, abbandonata Bologna, marciò in ritirata, senza che il nimico disturbasse il cammino.

LXXXV. Il re fermatosi un giorno ad Imola, intese che l’oste