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LIBRO SESTO — 1806. 11

assoluto e condannato, libero e spento; ed aveva moglie, figliuoli, servigi e fama, La immanità spiacque a tutti, fu grande ed universale il terrore.

Ed indi a poco peggiorarono le nostre sorti. L’isola di Capri, mal guardata, fu dopo debole contrasto espugnata dagl’Inglesi, facendo prigioni i soldati che la guarnivano, ed uccidendo per castigo o mettendo in carcere quegl’isolani che inecauti, seguirono le parti francesi; l’isola fortificata e munita di numerosi presidii, divenuta ricovero di briganti, fucina e centro di politiche trame, venne governata dal colonnello Lowe, lo stesso che anni dopo fu rigido custode di Bonaparte in Sant’Elena. L’altra isola detta di Ponza fu in quel tempo medesimo presidiata di Siciliani retti dal principe di Canosa, che, nuovo allora, andò subitamente diffamato per opere pessime. Gaeta, afforzata di nuovi presidii minacciava il campo francese. Gli altri forti della Calabria, non ancora ceduti, ricoveravano borboniani in gran numero per restarvi a difesa o per uscirne a campeggiare e distruggere le terre possedute dal nemico. La regina di Sicilia mandava nel regno i campioni più conti del 99. E tante faci di civili discordie si facevano incendii a cagione dei corrotti costumi del popolo, de’ mali inerenti alla conquista, de’ vizii de’ conquistatori.

XIII. Così sconvolto era il reame quando Giuseppe fu nominato re delle due Sicilie. Il decreto dell’imperatore Napoleone, dato da Parigi il 30 marzo 1806, diceva: che egli, fatto per legittimo diritto di conquista signore de’ reami di Napoli e di Sicilia, vi nominava re Giuseppe Napoleone suo fratello. Indi regolava la discendenza, serbava nel territorio napoletano sei grandi feudi dell’impero, e nella finanza un milione di franchi (ducati duecentoquarantamila) di entrata annuale per gratificarne i più meritevoli dell’esercito. manteneva a Giuseppe il diritto di successione al trono di Francia, dichiarava la corona delle due Sicilie sempre divisa dalla francese e dalla italica. Giuseppe, avuto quel decreto in Reggio, luogo estremo delle Calabrie, volse frettoloso verso Napoli, e vi giunse agli 11 di maggio con corteggio di re, pomposo per gran lusso e per le fogge magnifiche di tre senatori francesi venuti ad ambasciata per riverire in nome del senato di Francia il nuovo monarca. Ma il popolo a tante apparenze di grandezza restò muto, perchè il nome regio niente aggiungeva alla già nota possanza, e le domestiche torbidezze offuscavano lo splendore e minacciavano la sicurezza del trono.

XIV. Non bastando le schiere francesi a mantenere le terre occupate, debellar le nemiche, sedare i tumulti e le ribellioni, respingere gli assalti degl’Inglesi e del re di Sicilia, intese il governo di Napoli ad accrescere la forza dell’armi per fatica e per senno. Divise