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LIBRO SETTIMO — 1815. 143

il nemico ad Anzola, e combattendo lo spinse dietro la Samogia,. quindi dietro al Panaro, fiume che mette in Po, e si valica su di un ponte detto di Santo-Ambrogio, allora munito d’opere e di cannoni e soldati, distesi per lungo tratto della sponda. Giungevano al fiume i Napoletani schierati a battaglia. Il generale Carascosa per sorprendere l’ala diritta del nemico, o per accrescergli cure e pericoli aveva spedito per vie nascoste un battaglione a Spilimberto, dove le acque per larghissimo ghiaroso letto si guadano; prescrivendo al capo che quando sentisse ardente la battaglia marciasse sollecito sopra il nemico: il generale divisava muovere per la stessa parte il maggior nerbo della sua schiera, e battere la linea nemica dal fianco destro.

Ma il re giunse al campo, ed avido di vittoria sospese quei movimenti obliqui, e avanzò di fronte agli assalti: tre volte attaccato il ponte, tornarono perdenti gli assalitori, il general Pepe con due battaglioni, guadato il fiume, incontrando forze maggiori di assalitore assalito, a fatica resiste; il generale Carascosa che ne osservava il pericolo con altra schiera giunse all’opposto lito, ed anch’egli incalzato da nemico più forte non trovò scampo che nel fiume sotto un arco del ponte; il general de Gennaro, correndo al soccorso di entrambo, sostenne appena gli assalti, non vinse; il battaglione mandato a Spilimberto, sentito il romore della battaglia, obbediente al ricevuto comando, marciò sopra al nemico, e fu scemato di molti e molti, morti o prigioni. Tutta la linea combatteva, la fortuna mostravasi contraria ai Napoletani; espugnare il ponte era necessità.

Il re ne diede il carico al general Filangieri, e gli affidò fanti, cavalli, artiglierie che il generale ordinava a colonne, mentre molti cannoni battendo le sbarre del ponte le scomponevano. E visto aperto un varco, comandando che la preparata colonna di cavalleria passasse il ponte, egli il primo seguito da ventiquattro soldati a cavallo prorompe su la sponda nemica da molte schiere difesa, ed inatteso giungendo, disordinandole, vincendole procede. Ma la colonna che dovea secondarlo non muove; perocchè il generale Fontaine che la guida, o per timidezza o per invidia d’onore come francese, non obbedisce al ricevuto comando, I Tedeschi osservando il piccolo numero degli assalitori tirano sopra quelli, pochi ne cadono, retrocedono alcuni, otto soli col generale, certi del vicino soccorso, valorosamente combattono. Alfine non mai ajutati, e colpiti da mille offese, cadono tutti e nove, otto estinti, e ’l Filangieri, come estinto, gravemente ferito.

Accorse il re valicando per il ponte con quanti aveva fanti e cavalli; ed allora il nemico già menomato per morti, e scorato dall’impetuoso come che infelice assalto di piccol numero di cavalieri,