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LIBRO SETTIMO — 1814. 137

cesco I, temporeggiando con l’una rispondeva all’altro concordandosi alla sua politica.

LXXIV. Ma presto le fortune mutarono. Cessate nel congresso le contese, accusato il re Gioacchino di mancamenti nella guerra d’Italia, sospettato di nuove trame ed ambizioni, perseguito dal ministro di Francia Talleyrand, che ai doveri della sua imbasciata univa lo zelo di purgar con l’odio i prestati servigi a Napoleone ed ai napoleonici, e sentiva cupidigia di ricevere dal re Ferdinando un milione di franchi per pattovito premio del trono di Napoli: Gioacchino, in tanti modi travagliato, non più confidava nella alleanza austriaca; udiva i suoi ministri a Vienna male accetti, i ministri del re contrario ammessi alle conferenze del congresso; il principe di Metternich accennare le compensazioni, per dare a lui non più come innanzi al suo rivale; il re di Francia preparare armi in sostegno del legittimo re delle Sicilie; i principi italiani esagerare il timore di un vicino come Murat, potente, ambizioso, usato alla guerra ed a rivolgimenti. Ridotto perciò a confidare nelle proprie forze, volle accrescerle, e diè cagione a nuovi sospetti e querele. E frattanto la Francia e la Italia, semprepiù scontente dei novelli reggitori, per moti e minacce davano apprensione al congresso. L’imperatore d’Austria chiese a Gioacchino di restituire al papa le Marche, e quegli rispondendo rammentò i patti segreti della lega, afforzò di maggiori presidii quelle province, ed attese ad accrescere le fortificazioni di Ancona. L’imperatore nei suoi stati di Milano e Venezia puniva i cospiratori o i contumaci, e il re accoglieva i fuggiaschi e i disertori, gli ordinava a reggimento. Il papa dolevasi dei segreti maneggi di un console napoletano, cavaliere Zuccheri, che il re scusava; e quando, palesàte le trame, il papa minacciò il console, venne di peggio minacciato dal re, che mosse altre schiere verso la frontiera romana e spedì nelle Marche un Maghella suo ministro a concitare, coi segreti modi della polizia o delle sette, i popoli contro il pontefice. E dall’isola d’Elba Bonaparte, deposta l’ira, comunicava amichevolmente col cognato e con la sorella; e la principessa Paolina Borghese veniva in Napoli e quindi tornava all’Elba, ed altri men chiari ma più arditi personaggi giungevano da Langone e Parigi alla reggia di Murat trasfigurati, ma sospetti agli ambasciatori dei re alleati: essi non credendo a’ ministri di Napoli, che in varii modi male onestavano quelle pratiche. Perciò il congresso di Vienna, informato di ogni cosa, semprepiù diffidava di Gioacchino, e Gioacchino del congresso.

LXXV. Così nella reggia, lieto in viso, agitato nell’animo, infaticabilmente operoso, passò Gioacchino alcuni mesi, nel mezzo de’ quali si udì che Ferdinando di Sicilia avea tolta per moglie una