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132 LIBRO SETTIMO — 1814.

la uscita delle granaglie; tolse alcuni dazii di entrata, altri scemò; non osava bandire l’assoluta libertà commerciale, impedito dalla poca sua scienza nella pubblica economia e dal mal esempio della Francia e dell’Inghilterra.

LXIX. Era stata per nove anni invidia e lamento de’ Napoletani veder nel regno i Francesi primi agli onori e a’ guadagni; e perciò il re, oggi inteso di piacere a’ suoi popoli, prescrisse concedersi le cariche dello stato a’ soli Napoletani, o a quegli stranieri divenuti per legge cittadini; e non essere cittadino se non a’ termini dello statuto di Bajona; e doversi chiedere la cittadinanza fra un mese; e non chiesta, o non concessa, uscir di uffizio. Quanti erano stranieri nel regno dimandarono la cittadinanza napoletana; ed aperto l’esame nel consiglio di stato, pochi de’ consiglieri mostravansi severi, molti facili; ma coll’andare de’ giorni la severità prevaleva. E ciò visto, i Francesi, per disperazione fatti audaci, dicevano al re. «Da voi pregati, lusingati da voi (rammentando i tempi, i luoghi, le parole), siamo rimasti con voi, nemico alla Francia; ed ora stesso, felice in trono, discacciate noi senza patria infelicissimi, poveri, e solamente colpevoli della vostra colpa.» Rimproveri acerbi perchè veri.

L’animo del re fu commosso; che ad ogn’istante al mal preso partito d’infingere e d’ingannare egli pagava larghissimo tributo di dolori e di danni. Venne in consiglio di stato preparato a difendere gli stranieri col renderne facile la cittadinanza, e disse: «Io parlo a voi questa volta come re a’ consiglieri, e come padre a’ figli; perciocchè nella quistione che proporrò, trovandosi confusi interessi ed affetti, si competono i giudizii della mente e del cuore. Da chè le fortune di Francia mutarono, e giovò al regno l’esser nemico di quell’impero, io benchè francese, congiunto di sangue e debitore del trono all’imperator Napoleone, seguendo il vostro interesse e i consigli vostri, mi legai in guerra co’ nemici della mia patria e della mia famiglia. Il mio cuore, non vo’ nascondere il vero, è stato assalito da contrarii affetti; ha combattuto in segreto per molti mesi, e combatte, i doveri di re hanno sempre vinto e vinceranno. E benchè la quistione che or ora proporrò sia dentro me stesso decisa, se voi sarete contrarii al mio voto, io non userò del sovrano potere, ma tollerando questo nuovo dolore, seconderò il vostro avviso.

De molti Francesi che in guerra o negli officii di pace han servito tra noi, e che a mal grado dispongonsi all’andare, io a picciol numero, a soli ventisei qui registrati (mostrò un foglio) ho promesso che voi concederete le dimandata cittadinanza. Sono gli stessi che volendo partirsi mesi addietro, io, travagliato sul Po, trattenni con preghiere e lusinghe. Non troverebbero in Francia nè