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LIBRO SETTIMO — 1814. 121

per falsa gloria del general Barbou, a cui bastar doveva l’esser giunto all’estremo della fame: tante false specie di onore deformano il mestiere dell’arme.

Le altre fortezze non furono assediate perchè in un trattato fra il duca d’Otranto per Francia e ’l general Lecchi per Napoli fu concordato che cedessero a patto di tornare in Francia i presidii liberi e sicuri. E dopo ciò i Napoletani, oltre Ancona, guardarono Civita Vecchia, Castel Sant’Angelo, i forti di Firenze, Livorno e Ferrara. Livorno, giorni innanzi, era stato minacciato da un’armata anglo-sicula, guidata da lord Bentinck; e poichè il presidio, tuttavia francese, stava preparato alla guerra, l’armata ristette aspettando favorevole occasione a sbarcare le genti. Le quali apparenze, mantenute anche dopo la cessione della città, spiacquero a Gioacchino, che ordinò fosse posta in stato di difesa, confidando all’orecchio del generale del genio ch’egli sospettava degli Inglesi.

LX. Poco appresso lord Bentinck con mostre di amicizia sbarcò dal naviglio schiere inglesi e siciliane, sotto insegna che portava scritto: «Libertà e indipendenza italica», e le incamminò sopra Genova. Conferì per lettere con Gioacchino e col generale Bellegarde i concertati disegni tra scambievoli sospetti. Allora lo stato delle cose della guerra in Italia era il seguente. Bellegarde con quarantacinquemila Austriaci campeggiava la sponda sinistra del Mincio; il re di Napoli con ventiduemila de’ suoi, toccando il Po e guardando il Ferrarese, il Bolognese, gli stati di Roma e la Toscana, avanzava gli avanguardi sino a Reggio e Modena: e Nugent sotto lui con ottomila Tedeschi accampava. Bentinck con quattordicimila Anglo-Siculi stava sopra i monti di Sarzana. Comunicavano Bellegarde e Gioacchino per Ravenna a Ferrara, Gioacchino e Bentinck avevano tra mezzo gli Apennini. E dalla opposta parte il vicerè con cinquantamila Italo-Franchi teneva i campi nella sponda destra del Mincio, custodiva un ponte sul Po a Borgoforte, potente per opere e per presidii, occupava Piacenza. Poca guernigione francese guardava Genova.

Così le forze, le idee differivano. Il generale Bellegarde voleva che Gioacchino procedesse sopra Piacenza, a fin di spostare il vicerè dalla riva del Mincio, e prometteva diversioni ed ajuti. Il diceva che trovandosi diviso da Bentinck, il quale operava nella opposta pendice de’ monti, nè legato altrimenti con Bellegarde che per le difficili e lunghe strade di Ravenna e Ferrara, il nemico a suo talento poteva sboccare da Borgoforte, assaltare i Napoletani sulle terre di Modena o di Reggio, e rientrare nelle sue linee prima che gli alleati inglesi o tedeschi avessero solamente notizia di quei fatti; ch’egli perciò faceva afforzar Modena di un campo, ed aveva così ordinate le sue schiere che al primo apparire del nemico volgessero