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120 LIBRO SETTIMO — 1814.

troppo il presidio della cittadella (piccolo castello con pochi edifizii, nessuno a pruova delle bombe) bastavano i fuochi verticali a disperare la guernigione ed evitare agli assalitori le lunghe fatiche di trincea e di breccia. Disegnate a distanze varie (la minore di mille metri) poche batterie di cannoni, molte di mortari e di obici; impresi i lavori nella notte, durati nel giorno, compiuti i fortini ed armati; stavasi al punto di aprire i fuochi, e nessuno impedimento a noi veniva dalla cittadella: pareva che fossimo ad esercizio negli assedii di scuola. Le artiglierie e munizioni abbondavano prese dai forti e magazzini venuti in potere dei Napoletani, onde nulla mancava fuorchè il segno di guerra. I calcoli dell’arte dimostravano che la cittadella sostener potesse intorno a quarant’ore di fuoco.

Le cure, sospese per Ancona, furono volte a castel Sant’Angelo, indi a Civita Vecchia. Cominciarono le riconoscenze con la usata vigilanza: ma vista la pazienza del nemico, andavano gl’ingegneri scopertamente intorno al castello, segnando sul terreno le trincee e gli approcci. Fermata l’idea dell’assedio, apprestando macchine ed armi, marciarono alcni battaglioni sopra Civita Vecchia; e sebbene accampassero nelle alture più vicine alla città, il presidio francese vedeva il campo e tollerava. Ma poi che scoprì il general Lavauguion governatore di Roma, e il general Colletta direttore supremo del genio, odiati entrambo, l’uno perchè francese e nemico, l’altro perchè noto instigatore di Gioacchino a quella guerra, lo sdegno vinse il comando o la prudenza, e le batterie della fortezze tirarono continuamente sopra i Napoletani, e con maggior aggiustatezza dove i generali apparivano. Nulla ostante, continuando la riconoscenza e formato il disegno dell’assedio, quella schiera scemata di qualche uomo nella vegnente notte si partì.

Qui dunque ambe le parti preparavano strumenti ed armi, quando in Ancona il general Barbou, consumati i viveri, e mirando afflitta da malattie la guernigione, stabilì rendere la cittadella; ma vergognando di farlo senza onore di guerra, comandò tirare a disfida contro il campo dei Napoletani, benchè seco stessero a pericoli l’amata moglie e tre teneri figliuoli. I Napoletani, che il general Madonald dirigeva, risposero alle offese, e combattendo l’intero giorno e la notte, al levare del sole del dì seguente si vide bandiera di pace sul castello, che nel giorno istesso fu ceduto a patto che i presidii francesi avessero con gli usati onori sicuro passaggio in Francia. Ventiquattro ore durarono i fuochi, alquanto meno del prefisso tempo perchè la esplosione di una polveriera aggiunse alle rovine che producevano le bombe. Parte della città di Ancona sta framezzo i cappuccini, ch’era il campo dei Napoletani e la cittadella; ma nessun danno soffrì, restando sicura sotto un arco di projetti e di fuoco. Pochi Napoletani morirono, più Francesi,