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102 LIBRO SETTIMO — 1812.

potesse ogni cosa nel regno e nella Italia, appena tornato licenziosamente da Russia, ingiuriato dal cognato, ed avido perciò di vendetta, gli si offerirono, rappresentando L’Italia vuota d’armi francesi o tedesche, tutta Europa guerriera adunata ed immobile su le sponde dell’Elba, Bonaparte percosso, inabile a tornar signore del mondo, ma tuttavia minaccioso e spaventevole, così che il mettersi contro lui non aveva pericoli, e trovava premio ed ajuto da re nemici. Dopo rappresentanze sì calde, fra condizioni sì prospere, gli proponevano pregando, di trattar pace con la Inghilterra, ed occupata la Italia, ordinarla una ed indipendente. La quale impresa allettava tutti gli affetti di Gioacchino, ambizione antica, ira novella, ed amor di fama e di gloria.

XLVII. Spedì messo in Sicilia a lord Bentinck richiedendo passaporto per un legato napoletano il quale conferisse con lui sopra gravi materie di governo; ma pregando il secreto, Bentinck, sentita la importanza del caso, disegnò per le conferenze l’isola di Ponza, ed immantinenti vi si recò simulando altro viaggio; imperciocchè del comune mistero erano cagione due donne del nome istesso, regine che si chiamavano delle due Sicilie, Carolina Borbone e Carolina Murat, nemiche di genio e d’interesse, alle quali per vario fine era egualmente infesto quel disegno. Roberto Jones, nato Inglese, divenuto per lunga dimora tra noi Napoletano, facile alla favella, semplice di costumi e di portamento, fu il legato che in Ponza espose a Bentinck per Gioacchino l’offerta di occupar l’Italia, da nemico di Bonaparte, a patto ch’ei ne fosse conosciuto re da’ re alleati, e che avesse ajuto di danaro dalla Inghilterra. Bentinck, solamente inteso ad indebolire la potenza del gran nemico, aderì; ma escludendo dalla proposta unione la Sicilia, mantenuta per recenti trattati al re Ferdinando Borbone; e volendo che venticinquemila soldati inglesi, uniti a’ Napoletani, sotto al comando di Gioacchino, operassero in Italia; e fosse agl’Inglesi consegnata sino al termine della impresa, in pegno della fede del re, la fortezza di Gaeta.

Spiacquero a Gioacchino la Sicilia esclusa, il troppo gagliardo ajuto dell’esercito inglese, e la cessione, per vergognosa malleveria, della maggior guardia del regno. Non pertanto, consultati gli stessi che lo spingevano alle azioni, si persuase a rispedire il legato; con mandato di ottenere per argomenti o preghiere che Bentinck rinunziasse alle condizioni di Gaeta e di Sicilia, tacendo per prudenza sul troppo nerbo dell’esercito inglese; ma che ne’ casi estremi concordasse l’alleanza come era proposta dall’ostinato Inglese. Chiamò al secreto il ministro di polizia duca di Campochiaro, al quale amor di patria e d’Italia non scaldava il petto; e per voto di lui aggiunse altro legato, un tal Nicolas, ignoto, se il liscio e le