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LIBRO PRIMO — 1734. 45

erudizioni di poche menti. Le prime mura di quella città furono alzate, come dice antica tradizione, da’ Trojani; ed Enea le diede nome dal nome della sua nutrice ivi sepolta. Subito crebbe d’uomini e di ricchezze, e non capendo nelle prime mura, si allargò in altre più vaste, Alfonso di Aragona vi alzò un castello, Carlo V, veduta la forza del luogo e l’ampio porto sicuro a’ legni di commercio e di guerra, fece chiudere la città di muri a fortezza: e ne’ succedenti tempi ogni nuovo re volle aggiugnervi opera o nome: tal che nel 1734, quando l’assediarono gli Spagnuoli, era poco men d’oggi e tale qual io la descrivo. Siede su di un promontorio che finisce un istmo nel mar Tirreno: il promontorio per tre lati s’immerge in mare, il quarto scende a ripida e stretta pendice che poi si allarga, fra i due lidi dell’istimo, sempre in pianura finchè non convalli co’ monti di Castellona e d’Itri. Nella cima del promontorio è torre antichissima detta di Orlando: le mura della fortezza seguono la china del terreno, e però vanno a serra ed a scaglioni a toccare d’ambe le parti l’ultime sponde, formando bastioni, cortine, angoli sporgenti, angoli entranti, così che ogni punto è difeso: vi ha la scienza moderna, non le regole, però che le impediva la natura del luogo. Non direi perfette quelle opere, nè spregevoli, e si richiede buono ingegno a difenderle o ad espugnarle. Nella fronte di terra una seconda cinta sta innanzi della prima, e due fossi, due cammini coperti, varie piazze d’armi la muniscono. In due soli punti sono più facili le rovine; nella così detta cittadella (il castello di Alfonso) e nel bastione della breccia che ha preso nome dalle sue sventure: da cinta, quanta ne resta, è tagliata nel duro sasso calcare.

Allorchè il blocco della fortezza mutò in assedio erano in essa mille Alemanni e cinquecento Napoletani del battaglione che il duca di Monteleone formò: nessuni o pochi artiglieri, così che i Napoletani, per natura destri, furono esercitati a maneggiare il cannone: abbondavano armi, attrezzi, provvigioni di guerra e vettovaglie. E dall’opposta parte il duca di Liria dirigeva le offese con sedicimila Spagnuoli, navi da guerra, armi, macchine, mezzi soperchianti; e però aperta in breve tempo la trinciera di assedio, procedendo per cammini coperti verso le mura, alzò parecchie batterie di cannoni e mortari da percuotere in breccia la cittadella, e controbattere i cannoni della fortezza. Avanzavano gli approcci, quando il duca Montemar venne ad accelerarne il fine ed a godere della vittoria; e poco più tardi, per le ragioni medesime e per fama di guerra, vi andò il re Carlo. Dopo il suo arrivo, moltiplicati i fuochi, cominciata la breccia e arrecato per le bombe danno e spavento alla città, il conte di Tattembach governatore della fortezza, in consiglio de’ capi del presidio propose di arrenderla, ma fu da’ minori