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LIBRO PRIMO — 1712-13. 25

forze contro Roma. L’imperatore Giuseppe non voleva contese col papa, ma intendeva per quegli atti di guerra forzarlo a riconoscere sovrano di Spagna Carlo, suo fratello. Perciò il Daun, procedendo contro que’ campi, proponeva accordi al pontefice, il quale, alle risposte audace e saldo, mostrava confidare nella guerra. Strano perciò vedere un felice capo di eserciti invocar la pace, ed un papa le armi.

Alle ostinate ripulse procedendo le genti tedesche, presero con poca guerra Bondeno e Cento, circondarono Ferrara e Forte-Urbano; e, imprigionata parte delle milizie papali; fugati i resti, stanziarono ad Imola e Faenza. Clemente, solto quelle sventure, è alle peggiori che minacciava l’esercito mosso da Napoli, piegò lo sdegno e, non più pregato, pregando accordi, accettò patti e pubblici e secreti, per i quali tutte le voglie del vincitore si appagavano. Fu vera pace negli atti scritti e nella mente degli uomini, ma tregua e inganno nell’animo del pontefice; il quale aspettava opportunità di rompere quegli accordi, che, non ratificati dalla coscienza, parevano a lui leggi di forza, durabili quanto la necessità.

VIII. Morto in Napoli, nel 1710, il cardinal Grimani, venne vicerè il conte Carlo Borromeo, milanese. E nel seguente anno trapassò l’imperatore Giuseppe, al quale succedè Carlo, fratello di lui, terzo di quel nome nelle contrastate Spagne, quarto nella Germania e nel reame di Napoli. Durò altri due anni la guerra che fu detta di successione, ma dipoi la pace di Utrecht venne a rallegrare le travagliate genti (1713). Ciò che importò di quegli accordi alla nostra istoria fu il mantenimento del regno di Napoli a Carlo V, e la cessione del regno della Sicilia al duca di Savoja, Vittorio Amedeo. E pure importa sapere, per i futuri destini di questi due regni, che la corona delle Spagne si fermò in Filippo V.

Poco appresso alla pace di Utrecht, il re Vittorio andò a Palermo per entrare al possesso del regno, e godere gli omaggi e ’l nome nuovo di re. Giunto nell’ottobre, e lietamente accolto da’ popoli, ebbe il dominio del regno dal marchese de Los Balbases, vicerè per Filippo V: e coronati con la moglie nel seguente dicembre, tornarono in Piemonte, lasciando l’isola, presidiata e obbediente, a governo del vicerè Annibale Maffei mirandolese.

Ma nella pace di Utrecht non essendo chiamato l’imperatore Carlo VI (così che in tutto l’anno 1713 durò la guerra in Spagna, in Italia, nelle Fiandre) abbisognò nuova pace che si fermò in Rastadt l’anno 1714; per la quale l’imperatore teneva la Fiandra, lo stato di Milano, la Sardegna, il regno di Napoli e i Presidii della Toscana. Il conte Daun ritornò in Napoli vicerè. Pareva stabile quella quiete, però che le ambizioni de’ re potenti erano soddisfatte, quelle de’ deboli principi disperate: quando tre anni ap-