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LIBRO QUINTO — 1805. 331

principe d’Hassia Philipstadt, gli respinse con lettere. con messaggi ed alfine con le armi.

XXXII. A quegli aspetti e pericoli, la casa di Napoli scordata ne’ trattati di pace, schernita dagli agenti dei re suoi collegati, sola con la memoria de’ suoi passati mancamenti, trepidava. Convocato consiglio, il re mostrandosi rassegnato alle male venture diceva unico scampo la Sicilia, e sola speranza di regno nell’avvenire; il principe Francesco, timido ed inesperto si taceva; i vili ministri del re, benchè in animo distaccandosi dal sovrano infelice, secondavano le voglie di lui perchè infingarde e sicure. Ma la regina, sempre animosa nelle avversità, rammentando i prodigi del 99, viventi ancora i campioni di quel tempo, spente co’ traditori le interne tradigioni, ordinato l’esercito su la frontiera, e già levate nuove milizie, diceva possibile il vincere, facile il difendersi. certo almeno l’onore di resistere, vergogna lasciare un trono da fuggitivi; spartiva le incumbenze fra il principe Francesco negli Abruzzi, il principe Leopoldo nelle Calabrie, lei stessa nella Terra di Lavoro e nella città, il re in Sicilia. La qual sentenza componitrice dei varii pareri, lasciando a’ timidi sicuro asilo in Palermo, ed agli ambiziosi vasto campo nelle agitazioni del regno, fu applaudita. Colei non avvertiva che erano i tempi mutati dai 99; che l’amore de’ popoli abusato strugge sè stesso; e che il pregio di fedeltà andò sì pieno di misfatti e d’infamia, che cerasi ormai voltato a dispregio e divenuta ingiuriosa la parola di santa fede. Ma le opinioni vere de’ popoli raro giungendo all’orecchio dei re, e la regina credendo facile il rinnovamento dei popolari prodigi, chiamò a sè gli uomini più noti di quella parte, frà Diavolo, Sciarpa, Nunziante, Rodio, e con maniere allettatrici delle quali abbondava, dato l’ordine di attruppar genti, gli avviò nelle province. Così nella reggia.

Il maresciallo Massena giunto a Spoleto, come arringa scritta (detta ordine del giorno) da leggere a’ soldati, manifestò il proponimento di conquistare il regno di Napoli da qualunque fosse difeso, e dopo i consueti ricordi all’onore, alla gloria, alla disciplina, raccomandò il rispetto ai popoli ed alle leggi. Ed un bando del principe Giuseppe, da Ferrentino, diceva: «Napoletani! Il vostro re ha mancato alla fede dei trattati, e l imperator Napoleone giusto quanto potente, per dimostrare all’Europa il rispetto che si debbe alla fede pubblica, darà castigo condegno alla colpa. Voi che non aveste parte alla perfidia, non ne avrete alla pena. I soldati francesi saranno come vostri fratelli.»

E lo stesso principe a’ soldati: «Noi combatteremo i Russi, gl’Inglesi; noi puniremo la corte che gli ha chiamati a dispregio delle più solenni e giurate stipulazioni; noi rispetteremo i popoli. Se i confederati del re non aspetteranno il nostro arrivo, se i Napo-