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LIBRO QUINTO — 1800. 305

di Napoli; e quello imperatore, vago della bella gloria di farsi scudo alla infelicità di un monarca, scrisse lettere commendatrici a Bonaparte, e spedì oratore il conte Lawacheff. Il quale, vista in Vienna la regina e preso di riverenza e di ammirazione per lei, donna grande e rispettabile nei precipizii della fortuna quanto volgare o peggio nelle felicità, andò caldo intercessore a Parigi, ed ottenne comando di Bonaparte a Murat per trattare accordi con Napoli.

Stava sempre in Roma con le milizie napoletane il generale Dames, e però da Foligno Murat a lui scrisse in questi sensi:

«L’affetto dell’imperatore di Russia per il re di Napoli ha fatto dimenticar al primo console tutte le ingiurie di quel re al popolo francese. Ma frattanto, quasi credendosi più forte degli altri principi che han cercato nella pace la salvezza dei loro troni, è rimasto in armi: si disinganni. E voi, generale dell’esercito napoletano, sgomberate subito gli stati del papa e ’l castello Santangelo. Il primo console mi vieta di negoziare prima che non siate tornati nei confini del regno. Non le vostre armi, non il vostro contegno militare; il solo imperatore delle Russie, per la onorevole stima che il primo console a lui porta, può proteggere il vostro re, il quale per meritarsi la continuazione delle grazie di quel monarca, impedisca i porti delle due Sicilie alle navi inglesi, e metta embargo (il sequestro) su le presenti, a ricompensa di ciò che la Inghilterra fece ingiustamente sopra i Danesi, gli Svedesi ed i Russi. Fate che l’ambasciatore delle Russie presso la vostra corte certifichi a me l’adempimento dei preliminari che qui ho fissi; e solamente allora, trattenendo il cammino dell’esercito, fermerò con voi giusto armistizio, precursore di pace uguale.»

Damas, letto quel foglio e provveduto di nuove lettere dell’am basciatore russo Lawachef, mandò negoziatore a Foligno, meno invero per trattare che per obbedire, il colonnello Micheroux. Stabilirono: che la sollecitudine dell’imperatore di Russia per la casa di Napoli, e la modestia e la generosità del governo di Francia avendo arrestato il cammino delle schiere francesi, ed aperti gli accordi, Napoli e la Francia facevano armistizio per un mese, impegnandosi non muovere alle ostilità se non dieci giorni dopo intimate. E ciò a patti: che le milizie napoletane sgombrassero nel termine di sei giorni gli stati del papa; che i Francesi occupassero Terni ed il paese lungo la Nera sino allo sbocco in Tevere; che i porti delle due Sicilie fossero chiusi agli Inglesi ed ai Turchi, e le navi di quelle due nazioni ne uscissero un giorno dopo la notificazione del presente armistizio; che i vascelli francesi da guerra e di commercio godessero in que’ porti tutti i privilegi delle bandiere più favorite; che subito i Francesi imprigionati venendo dall’Egitto (Dolomieu sopra tutti) tornassero liberi, e così. gli altri prigionieri

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