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LIBRO QUINTO — 1799. 265

Napoli, portargli lettere sue e del re, persuaderlo a rivocare l’infame trattato che svergognava tutti i principi della terra, facendoli da meno de’ sudditi ribelli. E poi che l’ebbe infiammata de suoi desiderii, le disse: «A voi, milady, noi dovremo la dignità della corona; andate sollecita; vi secondino i venti e la fortuna.» Quindi con abbracciamenti l’accommiatò. Ella, partita sopra legno corridore, giunse a Nelson quando entrava nel golfo di Napoli. Erano le regie lettere preghevoli e ragionatrici dell’offeso decoro de’ troni, e della ventura che le sorti della sovranità stessero nelle mani dell’ammiraglio; la regina soggiungeva: «Manca il tempo a più scrivere; milady oratrice ed amica vi esporrà le preghiere; e le quante grazie vi rende la vostra Carolina.» In seno al foglio del re stava decreto che diceva:

«Non essere sua intenzione capitolare co’ sudditi ribelli; perciò le capitolazioni de’ castelli rivocarsi. Esser rei di maestà tutti i seguaci della così detta repubblica, ma in vario grado; giudicarli una giunta di stato per punire i principali con la morte, i minori con la prigionia o con l’esilio, tutti con la confisca. Riserbare ad altra legge la piena esposizione delle sue volontà, e la maniera di eseguirle.»

La fatal donna giunta sul vascello di Nelson, destata la gioja e avute le carezze del non atteso arrivo, presentò i fogli a lui, che per istinto di giustizia e di fede senti raccapriccio dell’avuto carico, e rifiutava; ma vinto dalle moine dell’amata donna, l’uomo sino allora onoratissimo, chiaro in guerra, non vergognò di farsi vile ministro di voglie spergiure e tiranne. Tornò indietro il legno dì Milady, apportatore alla regina delle nuove felici; Emma, guiderdone della vergogna, restò con Nelson. E stavano assieme quando egli, arrivato in porto, pubblicando i decreti del re, consumò, come ho accennato nel iv libro, il tradimento.

II. Duravano intanto nella città e crescevano le uccisioni e gli spogli. Dicendo a pretesto che le parti repubblicane avevano preparato la morte di trentamila della plebe con lacciuoli da strozza, i tristi andavano per le case ricercando gl’istromenti del non creduto eccidio, e dovunque per mala ventura trovassero canape o funi, vuotavano e bruciavano le case, uccidevano gli abitanti; e dicendo che i repubblicani portavano sul corpo indelebilmente disegnata la donna o l’albero della libertà, facevano spogliar nudi i giovani militari o cittadini, ed era la bellezza e grandezza della persona stimolo maggiore alla crudeltà. Nè capendo nelle carceri e nelle cave delle fortezze i prigionieri, li spartivano ne’ vasti ed insalubri cameroni de’ Granili, ed all’isola di Procida, per essere condannati da tribunale di maestà colà stabilito; dal quale, primi tra molti, perirono i generali Schipani e Spanò rammentati nel precedente libro.