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LIBRO TERZO — 1798. 197

i precipizii del monarca di Napoli. Quelle furono veramente le prime congiure, colpevoli quando miri al disegno di rovinare il governo; necessarie quando pensi che solamente tra quelle rovine vedevano vita e libertà; nascosti nel giorno, profughi dalle case nella notte, menavano vita incerta e miserabile. Spedirono legati al campo francese per informare il generale Championnet dello stato della città e della reggia, e incitarlo a compiere l’avanzata impresa, promettendo dalla loro fazione ajuti potentissimi. Le quali pratiche sapute dalla polizia o sospettate accrescevano da ambe le parti i pericoli e i timori. Ma le ansietà nella casa del re erano già insopportabili, quando un fatto atroce precipitò i consigli e le mosse. Il corriere, che dicevano di gabinetto, Antonio Ferreri, fido e caro al re, mandato con regio foglio all’ammiraglio Nelson, e trattenuto dal popolo su la marina come spia de’ Francesi, tra mille voci muojano i giacobini, ferito di molti colpi e non estinto, trascinato per le vie della città, fu gettato morente in una fogna dove finì la vita. Mentre i crudeli lo traevano semivivo, chiesero con baldanzose voci sotto la reggia che il re vedesse nel supplizio del traditore la fedeltà del suo popolo; e, ciò detto, non si partivano, non quetavano, cresceva lo scompiglio e la moltitudine, sino a tanto che il re per prudenza mostrossi, e riconobbe l’infelice Ferreri, che moribondo fisò gli occhi in lui, come a chiedere pietà; ed egli tutto re che fosse, non potè liberarlo da’ manigoldi. Inorridì, treniò per sè, decise di fuggire. Chi disse quella strage archilettata per l’effetto che sortì, chi per nascondere certe trame con l’Austria note al Ferreri.

XL. Fermata in animo del re da partenza, ne accelerò gli apparecchi, occulti come di fuga; ma non bastò segretezza, e si apprese che la casa e i ministri regii fuggivano, e che altre fughe o nascondigli si preparavano i più lividi seguaci della tirannide. Per la quale timidezza svanite le ultime speranze di resistere al nemico e riordinare l’esercito e lo stato, consigliere animoso e fedele, il cui nome non citano le invidiose memorie, fece chiaro al re l’errore e ’l danno di quella fuga; ma nulla ottenne, fuori che fosse a’ popoli smentita, per non allentare nelle province l’impeto della guerra e l’odio a Francesi. Quindi lettere e messi andarono accertando che il re disponeva l’esterminio del nemico, il quale ajutato da’ tradimenti, e arrischiatosi nel cuore del regno tra fortezze, soldati e masse armate, troverebbe debito castigo alla temerità. Il popolo che tutto crede, presta fede a que’ detti, doppiò gl’impeti e i cimenti contro i Francesi. Ed ecco inaspettatamente nel giorno 21 del dicembre, navigar nel golfo molte navi sciolte nella notte dal porto; e sul maggior vascello inglese andare imbarcato il re e i regali, come segnavano le bandiere. Nel tempo stesso che un editto chiamato avviso, affisso ai muri della città, diceva: passare il re nella Sici-