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LIBRO TERZO — 1791. 143

gnanti a giurare per lo statuto e i giuranti. i primi di maggior numero e più intatta fama; sequestrate le terre della chiesa, poi confiscate; due brevi di Roma e l’immagine del pontefice bruciati a scherno; ingiuriate ed offese le persone de’ preti. I quali, per la opposta parte andavano suscitando le coscienze e le armi dei credenti. Il re teneva dagli emigrati perchè re, e da’ preti perchè divoto.

V. Così stavano le cose di Europa l’anno 1791. Nel principio dell’anno seguente morto l’imperatore Leopoldo, successe Francesco suo figlio. Nel mese istesso fu morto Gustavo III re della Svezia da’ nobili che opprimeva; ma, finchè ignote le trame, si disse dalle parti giacobine. La morte di Leopoldo apportò dolore; quella di Gustavo sospetti; e si andavano ricordando îl club francese, la propaganda, la legione de’ tirannicidi, il motto dell’assemblea «a’ re che ci mandano la guerra, noi rimanderemo la libertà»; ed altri o fatti o dicerie che atterrivano i principi. Fu quindi in Napoli più vigilante la polizia, che per meglio spiare fece scrivere le strade, numerare le case in cartelli di marmo; diligenza e fornimento di città grande. Facendo sospetto diecimila condannati e dodicimila prigioni nelle carceri e galere di Napoli o Castellamare, ne andò gran parte alle isole di pena, Lampedusa e Tremiti. Il giovine reggente di Vicaria tornò in uso la frusta e il deposito dei creduti colpevoli nelle galere; alle quali condanne erano pruova le delazioni delle spie, gli atti inquisitorii degli scrivani, il proprio giudizio del reggente. Tollerarono, primi, quel supplicio uomini della plebe infami e tristi; e frattanto l’aspetto e l’esercizio del dispotismo avendo ingenerato nel popolo servitù e pazienza, la polizia non temè di punire con eguale licenza uomini di buona fama. Dal sospetto di colpe false, le vere nacquero. I Napoletani amanti delle dottrine francesi, consultati poco innanzi come sapienti su le riforme dello stato, al presente spiati e mal visti; si adunavano in secreto per conferire delle cose di Francia; nè già con isperanza di bene vicino e preparato, ma per esercizio d’ingegno e felicità ideale dell’avvenire; le quali onestà praticavano con le arti e mistero del delitto. E poscia invaghiti dello statuto francese dell’anno 1791, e della dichiarazione dei diritti dell’uomo, e di tutti gli ornamenti filosofici di quella carta, tanto da credere che leggendoli verrebbe universal desiderio di egual governo, ne fecero improntare con grande spesa e caratteri nuovi, da stampatore fidatissimo, due migliaja o più. Ma non li divolgarono perchè, all’ardimento succeduto il timore, solamente sparsero alcune copie nella notte per le vie della città, due altre copie per giovanile contumacia negli appartamenti della regina; e le molte, spartite in sacchi ila farina, gettarono în mare tra gli scogli del Chiatamone. Due no-