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idea ebbe la sua genesi naturale dalla fama grande e universale in che erano saliti in Roma e in molle regioni d’Europa i discepoli del Loiola; ma da uno o due uomini zelanti, come avviene quando trattasi di progetti stimati di comun interesse, erasi estesa a una buona parte della cittadinanza di Prato. Il disegno dovette non solo parere meritevole di considerazione, ma avere fondamento solido negli animi stessi dei maggiorenti; in quanto che adunatosi il 18 marzo 1655 il Consiglio generale di Prato, venne discussa la proposta, affacciata da taluni, di chiamare i Padri della Compagnia; e con voti sellantatre favorevoli, o dodici contrari, fu deliberato si dovessero introdurre in Prato i Gesuiti. Era volere del Consiglio di affidare ai Padri qualche Chiesa, e la direzione di quelle poche scuole che si facevano allora per conto del Comune.

Quel desiderio e quella deliberazione non ebbero pronto seguito; o sia perchè i mezzi difettassero; o sia, ciò che è più probabile, perchè i Gesuiti avevano in veduta altri luoghi più strategici da occupare colla loro milizia, la quale non era ancora tanto numerosa da prender possesso di tutte le città e provincie, che si davano in lor potere. Ma il buon volere non iscemò, nè si spense negli uomini di Prato: tre cittadini, l’uno dopo l’altro, legarono negli alti di loro ultima volontà ogni loro avere ai Gesuiti, col patto che venissero a stabilirsi in Prato, e vi fondassero un Collegio. Furono questi nell’ordine cronologico: Francesco Pazzi, Francesco Cicognini e Lorenzo