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apparizione, e la fama subitamente acquistata, li lasciavano eredi di pingui sostanze, perchè erigessero educatorii; erano città che li chiamavano, onde si facessero capi e maestri delle loro scuole; erano principi che li sollecitavano a recarsi in mano la somma della forza morale dei loro Stati. In breve volgere d’anni Roma, Napoli, Palermo, Milano, Parma, Torino, e nella Toscana Arezzo, Livorno e altre città minori videro circolare per lo vie le tonache fresche e attillate del Gesuita; sorgere sulle loro piazze chiese, case e istituti della Compagnia di Gesù; e i Gesuiti circondati da una nobile e azzimata gioventù, il fiore del fiore dell’aristocrazia italiana, che sotto l’ale di S. Ignazio veniva a temprare il carattere dell’animo, e ad ingagliardire i nervi del pensiero. L’educazione pubblica e privata cadde nelle mani dei Gesuiti, quindi dei loro confratelli Scolopi, Barnabili, Ignorantelli, il che torna lo stesso, i quali in certo modo tolsero ogni importanza alla grave e diuturna questione posta innanzi da Quintiliano: se fosse più utile educare i giovanetti in famiglia e fra le private pareti, o affidarli alla frequenza delle scuole e quasi a pubblici maestri. I Collegi furono scuole pubbliche e private ad un tempo.

Questa è l’origine della maggior parte dei Collegi in Italia; questa l’origine del Collegio di Prato.

IV. Non fu idea nata un bel giorno all’improvviso nella mente di qualche cittadino, quella di chiamare i Padri della Compagnia alle rive del Bisenzio, e di instituire in Prato un Collegio di Gesuiti. Sicuramente tale