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e da letto e in ogni luogo la freschezza, la mondizia e la sanità.

Che se tu ti aggirassi nell’interno, il tuo occhio rimarrebbe al certo appagato al mirare parecchie aule non indegne delle Università; talune camerale, della lunghezza di sessanta e più braccia, piene d’aria, di luce, e tutte in volta; un amplissimo refettorio decoralo di affreschi e di stucchi in rilievo, e circondalo da spalliere in noce a intagli: un festoso teatro colle sue quinte e le suo scene svariale, c capace di quattrocento spettatori: logge, terrazze, ginnastiche, armeria, raccolte di macchine di fisica e di oggetti di storia naturale, e una collezione di buoni quadri: lutto insomma che può giovare alla igiene, alle comodità e all’istruzione di nobili giovanetti.

Forse non ha altro Istituto Italia, che per massiccia costruzione, per abbondanza di locali riuniti in un sol disegno, per molti benefizii di diversa specie ma cospiranti, a uno stesso fine, possa, nel suo ordine, non che vincere, uguagliare il Cicognini.

Entro quest’area, ora occupata dal Collegio, il cui perimetro è nientemeno che di 1200 braccia, sorgeva un tempo la Badia così della di santa Maria di Grigliano. Essa apparteneva ai monaci Vallombrosani, e si vuole che qui passasse parecchi anni quel capo ameno di Agnolo Firenzuola, ex monaco vallombrosano; e ch’egli qui scrivesse le leggiadre sue otto novelle, e il dialogo delle Bellezze delle Donne, dedicato allo belle donne pratesi, e la traduzione dell’Asino d’oro d’Apuleio; lavori che tanto