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libro v. capo xxxix. 61

regno, prima che egli stesso potesse loro portare qualche offesa. Andati dunque per tempo1 a palazzo favellarono in questa guisa ad Alachi: Come mai stimi tu di startene serrato nella città, mentre essa e tutto il popolo ti sono fedeli? e quell’ubbriacone di Cuniberto troyasi talmente disfatto, che non può più riavere le minime forze. Esci ora mai, vattene alla caccia, e ricreati per un poco in compagnia de’ tuoi servi, mentre noi col rimanente de’ tuoi fedeli staremo a difesa della città: e di più ti promettiamo di portarti in breve la testa del nemico tuo Cuniberto. Perciò persuaso costui delle loro parole, uscì di città, ed avviossi ad Orba, vastissima selva, dove cominciò a divertirsi colle cacciagioni e col giuoco. Intanto Aldone e Gransone passarono al lago di Como, e montata una nave si diressero a Cuniberto. Al quale arrivati gli si prostrarono ai piedi, confessando di aver contro di lui iniquamente operato, e facendogli sapere ciò che Alachi avea maliziosamente detto contro di loro, nonchè qual consiglio essi gli aveano dato per condurlo alla sua perdizione. Che più? Piansero insieme, e fra di lo-

  1. L’originale: maturius.