Pagina:Storia dei fatti de Langobardi - vol 2.djvu/65

46 dei fatti de’ langobardi

pra i quali imperò1 diciasett’anni. Ai tempi A. D. 668. di questo Costantino, Teodoro arcivescovo2, ed Adriano abate3, uomini l’uno e l’altro dottissimi, mandati dal papa Vitaliano nella Bretagna, fecondarono molte chiese Inglesi col seme della cristiana dottrina.

    e si parlasse la lingua latina, e perchè i Romani volevano che la loro religione, i loro usi e i loro costumi formassero un solo popolo di essi e delle soggiogate nazioni? Ond'è che gli Ungari, anco più incolti, a’ nostri giorni intendono e parlano ancora la lingua latina? III. Se v’era un volgare italico, perchè i re Longobardi non si servirono di quello per pubblicare le proprie leggi, anzichè usare quel latino (quanto pur si voglia guasto e corrotto) che sussiste tuttora nei loro codici? Di più: se pel corso di parecchi secoli furono quasi del tutto nell’Italia estirpate le lettere, e furono sepolti nelle tenebre tutti i latini scrittori, da chi dunque i Longobardi appresero, se non dal popolo parlante, a redigere in latino le predette leggi? Ma tutti questi quesiti divengono inutili dopo l’asserzione inappellabile del nostro storico.

  1. Il nostro testo: decem et septem. Altri: decem et octo. La nostra lezione è vera, poichè questo Costantino morì al principio del mese di Settembre sotto la XIV Indizione.
  2. Cioè Teodoro arcivescovo Cantauriense (di Cantorbery), ordinato dal papa Vitaliano nell’anno 668. Su di che V. Beda Histor. l. IV, c. I.
  3. Cioè abate dello stesso monastero. Vedi pure Beda l. IV, c. II. il quale porge un’idea vantaggiosissima di questi due personaggi, descrivendoli istruiti non solo nelle sacre lettere, ma eziandio nelle secolari, e particolarmente nell'arte poetica, nell’aritmetica e nell’astronomia.